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Il tempo e la luce, la mostra della RvB Art che ci racconta cosa si nasconde dietro la realtà

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La galleria RvB è un delizioso spazio espositivo a Lungotevere, con un’atmosfera che le stradine di ciottoli romani e le piante rampicanti sui muri contribuiscono a rendere accogliente, allettante, temporalmente sospesa.

All’interno, tra mobili di antiquariato prezioso, la curatrice Michele Von Buren organizza temporanee in cui artisti emergenti e talentuosi espongono le proprie opere in un contesto intimo, rilassato, accattivante. la sua filosofia è quella di creare un rapporto diretto tra artista e pubblico (e potenziali compratori), di modo che anche il valore meno nobile dell’arte, ovvero quello venale, di cui però non si può fare a meno, risulti più personale ed invogliante.

Al vernissage di ieri erano esposte le opere di due artisti, Vera Rossi, fotografa, e Gianlorenzo Gasperini, la cui collaborazione nasce dall’intento di indagare la polisemanticità della parola Crack, in tutte le sue possibili derive divergenti.

Le fotografie di Vera Rossi sono essenziali, quasi minimaliste nel loro linguaggio figurativo espresso attraverso pochissime note cromatiche. Sembrano quasi serigrafie. Il soggetto è lo strato di vernice scrostato attraverso l’azione erosiva del tempo, della luce, del sale e del sole nei muri esterni delle isole Eolie. L’effetto finale delle foto, tuttavia, è tutt’altro che naturalistico. Quasi ponendosi in una colta dialettica con la poetica figurativa di Lucio Fontana, l’artista sembra volere squarciare il velo superficiale della realtà per permettere la contemplazione di dimensioni parallele, fatte da paesaggi immaginari e lontani, rarefatti, praticamente impalpabili, nella cui serenità armoniosa e surreale le crepe diventano lampi violenti che squarciano l’armonia compositiva.

Le statue di Gianlorenzo Gasperini sembrano voler rappresentare, invece, gli archetipi originali dei primi uomini comparsi sulla terra, resi quasi fiabescamente con una benevolenza paterna ed immaginosa.

Con un esplicito richiamo all’arte arcaica, le sue opere esprimono una concezione artistica semplice ed immediata, dinamica e vivace; la forma appare semplificata al massimo e addirittura stilizzata per assicurare assoluta precedenza unicamente alla resa dinamica e alla conquista spaziale.

Sono figure astratte ed essenziali, geometriche tanto quanto solide nelle loro silouettes pur sottilissime; le loro pose sono instabili e dall’equilibrio estremamente precario, in una sfida provocatoria quanto pericolosa alla forza di gravità.

L’artista sembra ricreare un proprio apparato mitologico in cui questi primi esseri umani, attraverso la dimensione del gioco e quella del lavoro, entrano primariamente in relazione con il mondo, meravigliati di questa straordinaria scoperta e desiderosi di piegarla a loro favore.

Perfetta è la sintonia tra i due artisti, che si consolida nella vita ancor prima che nelle collaborazioni lavorative. Punto di raccordo tra le due poetiche è il valore della luce e quello del tempo. La luce, piena in entrambi i casi, modula lo spazio e fa risaltare eccellentemente i soggetti. La temporalità diventa, infine, dogma assoluto e ineludibile, che leviga la vernice scrostata dei muri e la superficie delle statue con una forza che è perpetua ed invincibile, eppure anche indulgente e sacra.

Giulia Quinzi