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“Lo zoo di vetro” di Tennessee Williams al Teatro degli Angeli con Pamela Villoresi

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Sarà in scena  al Teatro dell’Angelo dal 13 al 22 novembre Pamela Villoresi  con  Lo zoo di vetro di Tennessee Williams, regia di Giuseppe Argirò, e con Elisa Silvestrin, Maurizio Palladino, Alberto Caramel.


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Siamo alle fine degli anni trenta. La famiglia Wingfield, composta dalla madre Amanda,  e i suoi due figli Tom e Laura, abita in una casa popolare di Saint Louis. Amanda, donna di grande vitalità, possessiva, abbandonata da tempo dal marito, afflitta dalle ristrettezze economiche, vive ricordando il passato. Tom, impiegato in un calzaturificio, sfoga la rabbia e i desideri repressi, bevendo e scrivendo poesie di nascosto e spesso la sera, si rifugia al cinematografo. In costante conflitto con se stesso Tom è combattuto tra il profondo amore per la sorella e la disperata voglia di fuggire lontano. Laura, timidissima, a causa di una malattia infantile è claudicante. Ma quel lieve difetto è stato ed è per lei un disagio insuperabile che le ha impedito di crearsi amicizie e distrazioni. Vive in un mondo tutto suo,  dove le fanno compagnia i dischi che le ha lasciato il padre e i suoi animaletti di cristallo, il suo piccolo zoo di vetro. Amanda, sempre più preoccupata per Laura,  cerca di convincere Tom ad invitare a cena uno dei suoi colleghi per presentarlo alla figlia, sperando che da quell’incontro possa nascere più di una amicizia. Tom invita  Jimmy, un amico dai tempi del liceo  e la notizia accende le speranze di Amanda. Quando Jimmy viene a far visita alla famiglia, Laura  tenta di vincere con ogni forza la sua ritrosìa, si appoggerà a questo giovane, che le rivelerà di essere già fidanzato e  per Laura sarà un duro colpo…

«I diversi personaggi sembrano imprigionati, cristallizzati nei loro piccoli grandi desideri frustrati, quasi eroi tragici, bloccati da una necessità ineluttabile, dominati da un destino feroce». Spiega il regista, Giuseppe Argirò. «L’unico in grado di rompere apparentemente questo meccanismo è Jimmy O’Connor, un giovanotto in visita a casa Wingfield, che rappresenta l’irruzione della storia in questa famiglia, che più di ogni altra, esalta gli aspetti patologici dei legami parentali. Un discorso scenico che si nutre di atmosfere cecoviane, ripercorre la novità psicoanalitica della scrittura di O’Neill e nella struttura episodica, ma non frammentaria, accoglie la lezione di Strindberg e Wilder». 

Williams racconta l’esistenza e la sua scrittura non è mai scontata, talvolta ironica, amara, poetica, aderisce con assoluta sincerità al percorso interiore delle sue creature. «Quello che vediamo in scena ci cambia, ci emoziona, forse ci migliora, di sicuro restituisce uno sguardo sul mondo e sull’esistenza». Conclude Argirò.