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Alla Galleria Plus Arte Puls la personale “Guardare (fuori o dentro?)” i sogni e i bisogni di una Photodreamer

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Scorci impetuosi di paesaggi, frammenti temporali e immobili, immagini rubate da soggetti segnati: i soggetti di Daniela Pungitore sono attimi di quotidianità carichi di irruenza e passione. Le sue fotografie, accompagnate dalle sue didascalie poetiche, penetrano in chi le guarda, come dardi nel cuore. Come se ci fosse più lei che altro. Perché nelle sue mani la macchina fotografica diventa uno specchio, strumento di analisi e di autocoscienza. La sua è una visione del tutto e di tutto, scorporato e ricomposto secondo la sua emotività. Dove anche il vuoto diventa incredibilmente carico di significati.

LA MOSTRA – Si aprirà domani, mercoledì 16 maggio, presso la D.d’Arte | Galleria Plus Arte Puls, a Roma, la personale Guardare (fuori o dentro?). Sogni e bi-sogni di una Photodreamer della fotografa Daniela Pungitore, morta prematuramente il 10 marzo 2016, voluta e prodotta dalla sorella Lily Pungitore. L’esposizione, curata da Francesca Barbi Marinetti e con un testo critico di Marco Colletti, sarà visitabile sino a mercoledì 23 maggio, da lunedì a venerdì dalle 10:30 alle 18:30, sabato dalle 11 alle 17, domenica su appuntamento. Il vernissage di mercoledì prossimo, ore 18:30, si arricchirà, grazie alla collaborazione con il Conservatorio Fausto Torrefranca di Vibo Valentia, del progetto scenico di Anna Cuocolo con la partecipazione del soprano Elena Nicotera e del tenore Sunwoo Jung.

LE OPERE – Nelle sue opere fotografiche le categorie di spazio e tempo assumono una dimensione diversa, talvolta rallentata altre accelerata. Le inquadrature, dopo tutto, sono una scusa per raccontare altro. In particolar modo l’inquietudine, come in “The sand man” e “S-legami”, o l’oppressione/ossessione, come in “Evanescence”, la violenza emotiva espressa da un paesaggio, come avviene in “Barcelona” e “Bagnoregio”, o il tempo mutato, in “Mistery time” e “Timeless”.

“Il movimento del mondo, l’energia che vibra nell’aria, la seduzione di alcuni paesaggi, sono un linguaggio che Daniela sapeva comprendere ed elaborare con naturale disinvoltura, insieme alla complessità dei riferimenti simbolici che le permettevano di esprimersi – sottolinea la curatrice Francesca Barbi Marinetti – Animato da uno spirito straordinariamente vitale, lo sguardo fotografico di Daniela Pungitore circoscrive e rielabora pezzi di mondo e del proprio corpo per dar voce all’universo interiore: ammaliante e fragile, offerente e bisognoso, generoso e velato”.

“Nell’opera di Daniela Pungitore – dichiara Marco Colletti  immagine e parola non possono prescindere l’una dall’altra. Spesso le sue immagini fotografiche sono accompagnate da un testo poetico, che non ne è una semplice appendice didascalica, una spiegazione o un approfondimento testuale di un contesto visivo. Un corpo nudo, un’anima nuda, ma non per tutti, come la Verità; solo per chi sa guardare attraverso le ombre, attraverso il velo, oltre i ‘pesanti tendaggi’, le ‘filtrate presenze’, le ‘catene spezzate’.