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L’aria di Ibsen invade il Vascello

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È un ambiguo finale quello di “Casa di bambole”. Un finale che Roberto Valerio ha saggiamente messo in scena con un gioco di luci inquietante, nella sua mise en scene del capolavoro di Ibsen, ora al Vascello.

Elaborato in una versione onirica, la piece di Valerio interpreta con una tonalità onirica le screziate e vigili divagazioni proto-antiborghesi di Nora, la moglie di Elmer. Prigioniera? Vittima? Non è chiaro. Perché Nora in quella “casa di bambola” ci cresce, ci vive e ci si ribella.

La ribellione è un atto di coscienza. Ma come ogni atto consapevole esso deve provenire da una presa di coscienza. Ecco, Nora la ribellione subisce, non la vive. E questo, nella regia di Valerio, emerge quasi con sottile ironia. Nora viene spinta verso la rivolta, non decide per la rivolta. Ed è una predisposizione passiva quella che attanaglia il personaggio che Valentina Sperlì interpreta maestosamente.

La scena di Giorgio Gori, che pare provenire da un quadro Bidermaier, diventa una tela opprimente. Da una parete reale, piena di vita e carica di oggetti, a destra del palcoscenico, si passa verso una linea deformata, a la Dalì, fuori da una concretezza necessaria alla rivolta, ma frutto di un lancio nel vuoto, a sinistra.

È uno spettacolo assolutamente entusiasmante. Che propone tutta la carica eversiva di un testo ambiguo e che, proprio per questa sua indecifrabile declinazione in diagonale, si staglia nei tempi mantenendo fresca la sua carica interrogatoria.

Lontani dagli spettacoli auto interpretativi, dove si veniva frustrati dalla versione “del regista”, autoreferenziale, questa volta, pur con la normale necessità di tagli, si vive, finalmente, un’aria a la Ibsen.