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Massimo di Michele con “Echoes” di Henry Naylor porta in scena i fondamentalismi di oggi

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Dal 19 al 29 aprile al Teatro India due voci di donna per raccontare i temi del femminicidio, dei conflitti culturali e religiosi: Massimo Di Michele porta in scena i “fondamentalismi”, di ieri e di oggi, con ECHOES dell’ingleseHenry Naylor, una produzione Teatro di Roma, con protagoniste due giovani donne lontane nel tempo ma unite dalla violenza, mentre sullo sfondo si consumano conflitti fra mondi diversi, quello occidentale e quello musulmano. Con lo spettacolo si inaugura la mostra FOOD OF LOVE/FOOD OF LARVAE dedicata al tema della violenza sulle donne con le opere di Mauro Balletti (artista di fama internazionale e assai noto per essere il fotografo ufficiale di Mina Mazzini da oltre quarant’anni) e Cristina Gardumi, giovane, e affermata, artista. Di fronte alla crudezza del racconto delle due protagoniste dello spettacolo, donne ribelli che cercano la loro personale redenzione in un mondo dominato dal maschio, Mauro Balletti e Cristina Gardumi offrono al pubblico la loro visione dell’universo femminile, con tutta la sua dolcezza e la sua rudezza, le intime contraddizioni e i dilemmi. La mostra prende la forma di una conversazione a due voci, uno scambio dialogico sui “massimi sistemi della donna”, due punti di vista inevitabilmente diversi sulla femminilità. Balletti affronta la tematica con il suo sguardo adulatorio e assolutamente incantato dalla magia dell’archetipo femminile. Da sempre considerata nelle varie arti come emblema dell’arte stessa, Balletti ne sottolinea l’aspetto di unica creatrice di vita e di armonia. Non a caso la paura maschile di questo magico potere femminile è stata spesso causa della violenza fisica e psicologica di cui la donna è stata vittima per secoli. Balletti parla del potere femminile e della sua vittoria totale nell’immagine artistica, immaginando che sia presto una totale vittoria civile. Per Gardumi la femminilità è un privilegio, la sorgente dell’istinto a cui tutta l’umanità dovrebbe più spesso affidarsi senza remore. Il linguaggio apparentemente innocuo dell’illustrazione le permette di porre al pubblico domande scomode, provocatorie, tese a mettere in luce il grande dubbio: quanto la donna subisce dal maschio e quanto desidera subire per sentirsi piena, assolta dalla colpa di essere semplicemente se stessa? Qual è il confine tra la vittima e il carnefice?