L'affresco di Mario Sironi in versione originale, prima della "de-fascistizzazione"

Incubo di tanti studenti, l’aula magna del Rettorato della Sapienza tornerà forse come era stata immaginata negli anni Trenta, nel pieno del regime fascista, da Marcello Piacentini, architetto sommo del razionalismo novecentesco e, per contingenza storica, del mussolinismo. Sono cominciati i lavori di restauro del grande dipinto murale di Mario Sironi L`Italia fra le Arti e le Scienze, eseguito nel 1935 per l’inaugurazione della Città Universitaria realizzata su progetto, appunto, di Piacentini. Il restauro del dipinto, che occupa una superficie di oltre 90 mq, dovrebbe durare circa un anno e mezzo e coinvolgerà, nella forma del cantiere didattico, gli allievi restauratori della Scuola di Alta Formazione dell`Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro. Il condizionale è d’obbligo, perché in realtà non si conosce lo stato di conservazione del dipinto, già oggetto di interventi negli anni Ottanta, dopo le manomissioni del dopoguerra. Già, perché nel clima dell’epoca, il dipinto non andava più di moda. Prima venne coperto con cartoni e tavole, poi modificato radicalmente. Quello attualmente visibile e ora in via di restauro non è l’originale di Sironi.

L'affresco di Sironi dopo l'epurazione disposta da Piacentini
L’affresco di Sironi dopo l’epurazione disposta da Piacentini
“Lo stesso Piacentini – ricorda lo storico Emilio Gentile dell’ebook per Laterza L’Italia tra le arti e la scienza di Mario Sironi – (…) commissionò a un pittore accademico il compito di defascistizzare l’affresco di Sironi, cioè di eliminare tutti i simboli che richiamavano espressamente il fascismo e di restituire un affresco epurato dalla fede fascista che vi aveva impresso l’artista”. Peraltro su suggerimento proprio di Piacentini. “Eccellenza – scrive Sironi a Mussolini l’8 dicembre 1933 – S.E. Piacentini mi dà notizia che per somma benevolenza dell’E.V. mi è stato assegnato il compito arduo di illustrare il fascismo sulla grande parete del Salone dell’Università Romana.”. “Posso (… ) sentirmi inquieto – aggiunge Sironi – per un simile compito e per dovere proprio io dare una simile dimostrazione, ma non avrò a mio sostegno che una forza immensa: la mia fede in V.E., il mio pensiero di essere guardato dal Duce, la imperiosa e quasi dolorosa – tanto è forte – volontà di adeguare l’opera degli artisti a quell’opera grande e fierissima che è l’Italia fascista”. Retorica dell’epoca, naturalmente. Dalla quale Piacentini – non Sironi – si liberò presto, “diventando – ricorda Gentile – architetto dell’Italia repubblicana e democristiana”. Nonostante avesse assicurato al pittore che avrebbe fatto restituire alla forma originaria il dipinto, rovinato dalle coperture del 1943, le cose prendono un’altra piega, non autorizzata dall’autore. “L’affresco – spiega Gentile – appariva rude, aspro, severo, austero, monumentale, arcaico, com’era nello stile di Sironi, e non così leziosamente laccato come la ridipintura fatta tra il 1948 e il 1950”. Ora si tratta di capire che cosa tornerà alla vista degli studenti della Sapienza, di quel che resta del Sironi tradito da Piacentini.
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Emilio Gentile, http://www.ebook.it/E/Editori_Laterza/Emilio_Gentile/Arte/ePub/L’Italia_tra_le_arti_e_le_scienze_di_Mario_Sironi.html “>L’Italia tra le arti e la scienza di Mario Sironi, Laterza 2014