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Schallfeld Ensemble il 30 novembre in scena al Macro di Roma

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Organico di recente formazione, nato nel 2013 in Austria da allievi del Klangforum di Vienna e da studenti di composizione della Kunstuniversität di Graz e oggi formato da musicisti di otto diverse nazionalità (fra cui l’italiana), lo Schallfeld Ensemble è animato da forze giovani e da una forte attenzione alla sperimentazione e alla ricerca nell’ambito del repertorio contemporaneo. Già presenti nei cartelloni di importanti manifestazioni di respiro, arrivano a Roma al 54° Festival di Nuova Consonanza in collaborazione con il Forum Austriaco di Cultura giovedì 30 novembre (ore 21, ingresso libero) al MACRO di via Nizza con il concerto dal repertorio anch’esso piuttosto giovane: Aer questo il titolo della serata, è anche il nome del pezzo del compositore e direttore d’orchestra austriaco Beat Furrer che apre il programma, scritto nel 1991 per clarinetto, violoncello e pianoforte, cui si affiancano Domeniche alla periferia dell’impero di Fausto Romitelli (1963-2004) omaggio alla totale libertà espressiva di un maestro troppo presto scomparso, e Bewegungen, brano del 1996 per pianoforte solo dell’austriaco Johannes Maria Staud. A completare ed arricchire il concerto, oltre che un brano di Gerd Kühr (Come una pastorale), allievo di Celibidache e noto per le sue musiche per teatro e cinema, altre due composizioni piuttosto recenti, datate rispettivamente 2006 e 2017: parlando di SSSSSh, per pianoforte, il trentatreenne autore greco Zesses Seglias ha messo in luce la volontà, se vogliamo provocatoria anche nella scelta del titolo, di esplorare «i limiti delle possibilità percettive sia dell’esecutore sia degli ascoltatori. In questa direzione quasi tutti i parametri musicali sono spinti – in modo lineare – agli estremi». Chiude il concerto la musica di Lorenzo Troiani, giovanissimo ma già in possesso di un background di formazione, esperienze e riconoscimenti di alto profilo extra-nazionale. Suggestive le parole da lui scelte per introdurre il suo La fine è senza fine, in prima esecuzione italiana. Parole che sembrano ricordare la precarietà e la forza della voce dell’artista, voce che giunge sempre da una distanza, da un limite. L’immagine utilizzata da Troiani è, non a caso, quella del funambolo: “la nostra posizione è periferica, marginale. Siamo in alto. Con i muscoli tesi. E guardiamo sotto. Da un’angolazione diversa. Le cose appaiono trasformate”.