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Una questione privata: I partigiani cavallereschi dei fratelli Taviani

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I fratelli Taviani portano alla Festa del Cinema di Roma il loro ultimo film Una questione privata, tratto dal romanzo omonimo di Beppe Fenoglio e per un’altra volta i due registi replicano la loro formula vincente: far fiorire un film da un libro, perché come afferma il minore dei due fratelli Paolo in conferenza stampa “Stanley Kubrick diceva di non aver mai inventato una storia” ed è ciò in cui si cimentano da 50 anni i due registi.

Il capolavoro di Fenoglio però ricopre un ruolo significativo nella loro filmografia, tratta infatti di un tassello fondamentale di storia italiana, quello dell’odissea dei partigiani. All’interno del mare magnum della letteratura di guerra italiana i registi hanno deciso di pescare un romanzo unico nel suo genere, perché questa storia di Fenoglio ha una peculiarità, che lo rende coinvolgente e insolito.

La storia infatti sembra lasciare sullo sfondo le vicende belliche per seguire la quête cavalleresca del protagonista Milton, giovane studente nel corpo di partigiani che, come il poeta di cui porta il nome, ha perso il suo posto nel paradiso, nel suo caso la presenza dell’amata Fulvia (Valentina Belè) rifugiata nelle campagne di Alba durante la guerra e tornata a Torino prima che lui si arruolasse. Ciò che divora Milton non è però la perdita del suo amore, ma un dubbio logorante sulla relazione fra Fulvia e un suo compagno d’infanzia, Giorgio (Lorenzo Richelmy), anche lui fra i partigiani. Da questo dubbio in poi la gelosia e l’amore si trasformano in ossessione lacerante. Milton lascia il suo presidio per partire alla ricerca del compagno, ma quello che lui cerca è in realtà una risposta, e mentre tutti seguono con commozione la sua impresa, credendola guidata da un’amicizia profonda, lui si lascia divorare dal dubbio e dalla colpevolezza del vero fine che lo muove.

Nella regia dei fratelli Taviani viene rispettata l’atmosfera trasognata che Fenoglio voleva restituire: i personaggi sono avvolti da una nebbia quasi metafisica, dantesca, da cui usciranno mutati, avulsi dal mondo, incapaci di reintegrarsi. La recitazione è molto vicina alla teatralità, quasi a sottolineare che la guerra è stato un duro palcoscenico, in cui dei ragazzi ventenni hanno dovuto incarnare il ruolo dei partigiani.

La vicenda ruota attorno al protagonista Milton, un Luca Marinelli perfettamente in parte che riesce a dare un volto ad uno dei personaggi più affascinanti e controversi della letteratura italiana. Fra la cupezza di Rosso Malpelo e la tenacia folle dell’Orlando Furioso, il suo Milton ha gli occhi sofferenti, la testa curvata verso il basso e una violenza interiore che lo disintegra lentamente. Un’interpretazione curata nei dettagli, che arriva da un’artista sensibile che ha colto il centro del dissidio del personaggio e sembra averne fatta propria l’ossessione: non lo sconforto per la perdita di un amore, ma la mania che ruota intorno ad una frase non conclusa. Da quel momento il protagonista si trasforma in Heathcliff e come l’eroe di Cime Tempestose si avventura nella nebbia per risolvere il dubbio che lo infesta come un demone, ma la ricerca vana lo ammala lentamente e lo disintegra. L’attore rende la forza delle persone fragili e la tenacia delle passioni, che non strabordano all’esterno ma restano compresse inesorabilmente nell’anima ferita di Milton.

Con l’ossessivo ripetersi delle note di Somewhere over the rainbow gli spettatori di Una questione privata sono trascinati dentro al sogno del protagonista, che man mano che il suo percorso prosegue si trasforma da flashback idilliaco a incubo inesorabile, finendo però con gli occhi di Fulvia, l’ultima e l’unica immagine che fa muovere i piedi a Milton e che lo fa urlare a squarciagola nella nebbia. I fratelli Taviani consegnano al pubblico una storia intima e universale, che grazie all’occhio navigato della loro macchina da presa ritorna in vita per emozionare ancora.