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Claudio Filippini, jazzista pescarese, esce con il suo “Squaring the circle”. Standard jazz con un tocco di nostalgia

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Dopo il trio contest celebrato all’Auditorium Parco della Musica, il jazzista Claudio Filippini esce con un nuovo cd, “Squaring the circle”.
Il concerto ha permesso di dare uno sfoggio della caratura sui generis dell’arista; con due pianoforti, contrabbassi e batterie, l’esperimento ha avuto successo, secondo Filippini. Una serata eccezionale, che ha avuto momenti di trio, contest e improvvisazioni meravigliosi, talli da permettere a tutti gli elementi del sestetto di presentare i suoi pezzi

Cosa significa improvvisare, per un pianista jazz, con un altro pianista?
È molto difficile. Hai a che fare con un altro strumento. Sono altri 88 tasti, dieci dita. Si raddoppia tutto. Il rischio è suonare troppo, andare in overplaying. La ricetta è ascoltare l’altro, e cercare di compensare se vogliamo il lavoro altrui.

Più Martial Solal o Michel Legrand?
Entrambi. Ma io sono un fan di Zanisi. Con il suo lavoro totalmente diverso dal mio; ci sono stati diverse atmosfere, dal duo al trio al sestetto. Due trii contemporaneamente. Una esperienza meravigliosa.

Una scommessa in fieri
Si, la ricetta è cercare di togliere, più che aggiungere. Come per fare un piatto buono con mille ingredienti, non bisogna usarli tutti…

Il tuo lavoro nuovo, sono cover, perché?
Intanto, il disco nasce per celebrare il sodalizio artistico compiuto da undici anni, con Luca Bulgarelli e Marcello di Leonardo, con i quali oltre che suonare come trio suono anche sezioni ritmiche di varie band.
Mi faceva piacere tornare alle origini del trio. La scelta di fare cover nasce da una storia particolare. Il disco ci fu commissionato da un casa giapponese con una serie di standard. Abbiamo registrato molti pezzi. Poi dopo varie vicissitudini la cosa non è andata in porto…

Esiste un panorama jazzistico nuovo in Italia?
Non voglio far nomi, ma in Italia siamo messi bene…

Davvero?
Io parlo di musicisti che in Italia si conoscono tanto, molto famosi in Giappone anche. Apprezzati sia qui sia lì, da Lorenzo Tucci a Danilo Rea. Rischierei di dimenticarmi qualcuno per strada… insomma, riguardo al cd, il progetto giapponese è andato male, da lì ci sono rimasti i pezzi in mano. Scremandoli, abbiamo selezionato i migliori, quelli più caratterizzanti: l’elettronica, il jazz moderno, ce n’è per tutti i gusti.

Il brano che più caratterizza il cd?
A me piace molto la versione di “Moon River”, che è, poi, la parte più romantica. Tengo anche presente l’incursione elettronica di “Stolen”, ma anche di “round midnight”… Sono certo che si divertiranno tutti.