Il titolo del loro ultimo brano è Tehran, smile!, sorriso, dedicato a una città che vuole rinascere – forse sta già rinascendo – e aprirsi al mondo. Magari senza nostalgie per le occidentalizzazioni pacchiane alla Reza Palhavi, ma certo senza simpatie per la “rivoluzione” medievale alla Khomeini. I Pallett, reduci dai successi in patria e a Istabul, portano a Roma – prima di volare in America – l’aria frizzante dell’Iran contemporaneo, splendido, giovane e contraddittorio. Lo fanno oggi 7 luglio nel compassato scenario dell’Accademia Filarmonica Romana (Giardini, ore 21.30). Pallett Band, il nome del gruppo, composto da sette musicisti capaci di coniugare la tradizione popolare persiana con la modernità. Violoncello, chitarra, percussioni, clarinetto, fisarmonica, viola gli strumenti che propongono, più una voce solista. Quando basta per intrigare il pubblico. Del passato dei Pallet si ricorda un’esibizione televisiva, quando fecero finta di suonare gli strumenti non ammessi di fronte alle telecamere: una reazione ironica al divieto che risale al primo periodo della rivoluzione islamica, legato alla convinzione dei religiosi che la musica sia fonte di depravazione, ma vanificato dal fatto che gradualmente anche il pop ha trovato posto in televisione. Nati nel 2010 come gruppo underground, i Pallet hanno presto intrapreso il percorso per ottenere dal ministero della Cultura l’autorizzazione a registrare dischi ed esibirsi in pubblico, ed il loro primo concerto ufficiale è stato nel giugno 2012: già sotto la presidenza di Mahmoud Ahmadinejad, dunque, e non ancora in quella del più liberale Hassan Rohani. Il loro primo disco risale al 2013, il più recente Tehran, smile! è appena uscito.

Info: www.filarmonicaromana.org