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“Donna non rieducabile”, Anna Politkovskaja è la forza della memoria

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“Donna non rieducabile” è un memorandum immaginario ispirato ai reportage di Anna Politkovskaja, giornalista russa nota per il suo impegno sul fronte dei diritti umani, per i suoi reportage dalla Cecenia e per le sue critiche al Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin. Il 7 ottobre 2006, Anna Politkovskaja viene assassinata nell’ascensore del suo palazzo, mentre stava rincasando. Tutt’oggi l’inchiesta è ancora aperta.
Elena Arvigo propone un monologo di forte impatto e attualità in grado di stimolare il pubblico e far riflettere sul tema della libertà di stampa e la responsabilità del sapere.
Il testo è composto da una serie di istantanee, “quadri”, che propongono esperienze, situazioni, atmosfere e stati d’animo e accompagnano il pubblico in un viaggio nelle terre russe e cecene. Un percorso tra i racconti della giornalista russa che l’attrice ripropone con grande intensità e immedesimazione.
Note dell’autore
“Ho scritto Donna non rieducabile adattando in forma teatrale brani autobiografici ed articoli di Anna Politkovskaja. La mia idea era trasformare drammaturgicamente questi materiali lavorando sullo scatto d’istantanea, ovvero sulla sequenza immediata, sul flash che coglie un dettaglio e dalla somma di dettagli ricava l’insieme. Non ho voluto raccontare la ‘storia di Anna’: non mi interessava. E neppure mi interessava farla raccontare ad altri personaggi eventuali. Il mio unico obiettivo era restituire dignità teatrale ad una sensazione che mi aveva colpito nel primo avvicinamento ai testi della Politkovskaja: la loro feroce immediatezza. La loro portata fotografica. Ho tentato così di costruire un album di immagini, una carrellata di esperienze in presa diretta, una galleria di zoom su precise situazioni, atmosfere, solo talvolta stati d’animo. Ne è nato un collage di quasi 20 quadri. Ogni volta che il quadro inizia il pubblico non sa niente: viene brutalmente scaraventato dalle parole in un determinato contesto che non conosce e che sta a lui ricostruire dai particolari. È come se per 20 volte gli occhi si riaprissero e si richiudessero su temi e luoghi diversi, sempre da intuire. Direi che non si tratta di un testo “su Anna Politkovskaja”, bensì un viaggio “negli occhi di Anna Politkovskaja”. Visione in soggettiva degli abissi russo-ceceni.”

 

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