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Il Lago di Wheeldon: il sogno attraverso Degas

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Assistere al balletto “Il lago dei cigni” del coreografo Christopher Wheeldon, in scena al Teatro dell’Opera di Roma fino al 5 novembre 2016, è come fare un’esperienza di metadanza. Specie nel primo atto, dove le ballerine sono sia personaggi sia interpreti.

Non definirei quella di Wheeldon esattamente una rilettura, piuttosto una variazione sul tema ma forse, anche meglio, uno sguardo dall’alto.

Questa versione si incastra perfettamente con il classico Lago che ci si aspetta di vedere: perché non altera le trame della narrazione ma solo il contorno. Nulla manca all’appello di ciò che “Il lago dei cigni” in ogni sua versione ha prodotto nell’immaginario collettivo degli spettatori, le ragazze-cigno, il lago, la magia, la balestra, il malvagio stregone Von Rothbart e il suo cigno nero, l’incantesimo che non viene spezzato.

Ma Wheeldon ha di fatto incluso l’ambientazione originale della favola in una sala prove, ci ha fatto intravedere il meccanismo che sta dietro ad ogni messa in scena. Eppure quella che rispetto all’incanto onirico della ragazza-cigno dovrebbe essere la realtà, reale è solo a metà, poiché questa sedicente realtà si insinua davanti ai nostri occhi tramite l’arte visiva per eccellenza: la pittura e in questo caso quella dei quadri di Edgar Degas. Per tutti questi motivi il lavoro di Wheeldon non può stonare con i tutù, con l’insondabile, con il magico, con l’universale perché apre uno spiraglio sulla verità e non sulla realtà.

Per quanto riguarda poi strettamente la coreografia, i pezzi d’insieme sono stati d’effetto ed efficaci, soprattutto nel primo atto dove viene maggiormente fuori la mano di coreografo inglese. Per questa messa in scena l’Opera ha avuto come ballerini ospiti Lauren Cuthbertson – un cigno bianco sublime e un cigno nero letale – e Federico Bonelli – elegante e sensibile Principe Siegfrid – entrambi principal dancer del Royal Ballet di Londra.