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L’insostenibile indifferenza per il teatro ragazzi. “Zac colpito al cuore” e la rivincita dei bambini

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La delicatezza delle piccole cose è nascosta, così nascosta che bisogna andarsela a cercare con attenzione. Cosi è per il teatro ragazzi. Un mondo così delicato, pericolosamente in declino, che va scoperto e salvaguardato.

Ma si sa è molto più facile parcheggiarsi in un centro commerciale, oppure delegare a qualche agenzia corporativa come gli scout l’educazione del pargolo, anziché rimboccarsi le maniche e portarlo a teatro.

Ma se le elementari sono fondamentali per la formazione sintattica, grammaticale, emozionale del bambino, così anche il teatro ragazzi fornisce le base lessicali dello spirito per farlo essere un uomo maturo o donna matura quando arriverà il momento di crescere. E crescere senza teatro è un affronto. Tutto è teatro. Tutta la nostra vita agisce in un contesto teatrale. Andare a teatro significa, appunto, imparare a comportarsi secondo un’eleganza tutta artistica. E se esprimersi, argomentare, declamare, parlare, mentire anche, sono tutte arti che si imparano col tempo, non c’è posto migliore per far crescere i bambini in una sala di teatro per ragazzi.

E il teatro Mongiovino è uno di questo posti. Così delicatamente poggiato di fronte a quell’orrore che è il Palazzo della Regione Lazio, con forza porta avanti questa missione educatrice.

E “Zac colpito al cuore”, di Marco Lucci, Simone Guerro, Enrico De Meo, porta in scena una storia di una tale delicatezza che incanta tutti quanti. Una storia portata sul palco con la coscienza di essere come quegli artigiani favolosi di preziosi gioielli, che vengono subito dimenticati quando si ha tra le mani il prezioso monile, come se questo si fosse fatto da solo.

No, gli attori del teatro ragazzi meritano una menzione speciale e uno speciale applauso. Perché se è dei bambini il mondo, è dei bambini la meraviglia. È la meraviglia va coltivata, altrimenti ci si abitua, si solidifica e si diventa pedanti, sciocchi e orrendamente borghesi. Così contenti della bovina pace di un monologo piatto anziché rincorrere la gioia di un dialogo.

Enrico de Meo porta in scena questa delicatissima storia, che porta i bambini a scoprire l’importanza fondativa del segno, del gesto e dell’amore. Solamente le basi della cultura occidentale. Ecco, adesso diciamolo. Saremo tutti bravi lettori di Sartre, di Morcel, di Proust o, se si è anche culturalmente in grado di distinguersi dalla massa, persino di Celine, ma senza qualcuno che da piccoli ci abbia letteralmente straziato il cuore con uno spettacolo nato e cresciuto e vissuto solo per bambini, noi non sapremmo nemmeno cosa sia il desiderio di scoprire, di sapere, di avere e di dirci “meravigliati”.