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Vinicio Marchioni e la memoria della poesia di Dino Campana al Piccolo Eliseo

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Spesso capita di dimenticarsi qualcosa, le informazioni scivolano via, lontano dalla nostra mente e mentiamo a noi stessi nel vano tentativo di crederci capaci di riafferrarle. Ciò che viene dimenticato, può essere solo ricordato. Ricordare, riporre nel cuore. L’unica via per ovviare la dimenticanza è il ricordo. Solo il cuore può accogliere di nuovo. Non la mente. La memoria dunque è cuore. E’ passione, dolore e sofferenza. E’ battito che bussa alla porta: posso entrare? È ritmo della vita. il ricordo non è passato, ma passa nel cuore e entra in circolo. Cerchio della vita che si racchiude per proteggersi e protrarsi nel futuro. Ricordare è ridare la vita, rimettere in movimento. La vita si ricorda riaccordandola al tempo del cuore: il ricordo è sintonia. La memoria è una musica, una parola che si dice con il cuore per ridarsi la vita, sino allo stremo delle forze.

Così un poeta ha tentato di ricordare la sua vita per dirsi e darsi la propria vita, dopo averla perduta, nel vuoto della solitudine che lo portò alla pazzia: Dino Campana riscrisse a memoria la sua opera poetica dopo averne perduto il manoscritto, nello sforzo che attenterà la debole salute psichica per tentare la salvezza nel ricordo e la pubblicazione dei Canti Orfici fu la consegna pubblica del proprio cuore. Ne “La più lunga ora, ricordi di Dino Campana, poeta, pazzo” al Teatro Piccolo Eliseo dal 3 al 21 maggio la passione di Vinicio Marchioni ( protagonista e regista) riporta e ricorda il poeta e il suo cuore, offrendosi al pubblico nella suggestione poetica del frammento, per ricostituire un’intera vita lacerata e divisa dal dolore e dall’amore, come quello per Sibilla Aleramo, figura evanescente  che  Milena Mancini impersonifica ridonandole  forza e sensibilità con elegante drammaticità, sullo sfondo armonico delle musiche composte ed eseguite dal vivo da Ruben Rigillo. Tra parole e musica il ricordo  suggerisce la vita attraverso la poesia, nel vincolo di un sentire appassionato, ma non tragico perché  la memoria diviene l’accordo poetico che trova rifugio nel cuore, salvandosi da un dimenticare che fa uscire di sé.