Accadde oggi. Il 4 febbraio 1966, appena cinquan’anni fa, papa Paolo VI ha soppresso l’Indice dei libri proibiti (Index librorum prohibitorum), l’elenco di pubblicazioni proibite dalla Chiesa cattolica, creato nel 1558 per opera della Congregazione della sacra romana e universale Inquisizione (o Sant’Uffizio). Era stato introdotto da Paolo IV. L’elenco comprendeva, fra gli altri, nomi della letteratura, della scienza e della filosofia come Francesco Bacone, Honoré de Balzac, Henri Bergson, George Berkeley, Cartesio, Colette, D’Alembert, Daniel Defoe, Denis Diderot, Alexandre Dumas (padre) e Alexandre Dumas (figlio), Gustave Flaubert, Thomas Hobbes, Victor Hugo, David Hume, Immanuel Kant, Jean de La Fontaine, John Locke, Karl Marx, Montaigne, Montesquieu, Blaise Pascal, Pierre-Joseph Proudhon, Jean-Jacques Rousseau, George Sand, Spinoza, Stendhal, Voltaire, Émile Zola, Alfred Rosenberg, Simone de Beauvoir, André Gide, Jean-Paul Sartre. Corposo l’elenco degli italiani. Tra i tanti, finiti all’indice Vittorio Alfieri, Pietro Aretino, Cesare Beccaria, Boccaccio, Giordano Bruno, Benedetto Croce, Dante, Gabriele D’Annunzio, Antonio Fogazzaro, Ugo Foscolo, Galileo Galilei, Giovanni Gentile, Giulio Cesare Vanini, Francesco Guicciardini, Giacomo Leopardi, Niccolò Machiavelli, Ada Negri, Petrarca, Enea Silvio Piccolomini (papa Pio II), Giovanni Pico della Mirandola, Adeodato Ressi, Girolamo Savonarola, Luigi Settembrini, Tommaso Stigliani, Niccolò Tommaseo, Pietro Siciliani, Pietro Verri, Antonio Rosmini, Alberto Moravia, Aldo Capitini. Praticamente chiunque. Era tempo.