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Herbert Pagani da “Albergo a ore” ad “Arringa per la mia terra”, il ricordo in Israele

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Una vita troppo breve e troppo intensa per non rischiare di essere banalizzata. Facile, se si punta al brano con il quale, nel 1968, diventò famoso in Italia Herbert Avraham Haggiag Pagani, e cioè Cin cin con gli occhiali. Invece Herbert Pagani, nato a Tripoli di Libia nel 1944 e morto di leucemia nel 1988, è stato molto di più: cantautore, disc-jockey, poeta, scrittore, scultore, pittore, attore e attivista politico per la pace in Medio Oriente. Lui, italiano ebreo tripolino espulso, vissuto in Italia, Francia e Germania, perfettamente italofono e francofono, che segnò con la sua voce Radio Monte Carlo, quando le “radio libere” in Italia erano solo un sogno. A questo artista multiforme e poliedrico l’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv dedica opportunamente la giornata conclusiva della quindicesima Settimana della Lingua Italiana nel Mondo. L’appuntamento è il 24 ottobre al Centro Pers per la Pace di Giaffa. Con la mostra Uno squarcio nel cielo, curata da Avi Pedatzur. E a seguire, uno spettacolo con video e testimonianze, insieme all’esibizione di cantanti italiani del calibro di Marco Ferrandini e Anna Jencek e con la partecipazione speciale di Miriam Meghnagi. Partecipano all’iniziativa, naturalmente, l’Ambasciata d’Italia in Israele e l’Organizzazione Mondiale degli Ebrei di Libia. Non a portata di tutti la destinazione, ma a portata di tutti la memoria di Pagani, che ha regalato agli italiani la splendida versione italiana di Les amants d’un jour, portata al successo in Francia da Edith Piaf, e in Italia nel 1970 proprio da Herbert, con il titolo Albergo a ore e un testo che gli procurò qualche problema con la censura. In Francia e non solo ne ebbe di più gravi. Diffuso prima alla radio francese e poi in altre lingue, fu molto criticato il suo testo in difesa del diritto di Israele di esistere in pace, scritto nel 1975 dopo la mozione dell’Onu che assimilava il sionismo al razzismo, in anni che avevano visto due successive guerre arabo-sraeliane. Il testo Plaidoyer pour ma terre (qu’est ce que le sionisme), in italiano Arringa per la mia Terra, era particolarmente duro e insieme toccante. Eccolo.

Arringa per la mia Terra

“Di passaggio a Fiumicino sento due turisti dire, sfogliando un giornale: “Fra guerre e attentati non si parla che di ebrei, che scocciatori…” È vero, siamo dei rompiscatole, sono secoli che rompiamo le balle all’universo. Che volete. Fa parte della nostra natura. Ha cominciato Abramo col suo Dio unico, poi Mosè con le Tavole della Legge, poi Gesù con l’altra guancia sempre pronta per la seconda sberla, poi Freud, Marx, Einstein, tutti esseri imbarazzanti, rivoluzionari, nemici dell’ordine. Perché? Perché l’ordine, quale che fosse il secolo, non poteva soddisfarli, visto che era un ordine dal quale erano regolarmente esclusi; rimettere in discussione, cambiare il mondo per cambiare destino, questo è stato il destino dei miei antenati; per questo sono sempre stati odiati da tutti i paladini dell’ordine prestabilito. L’antisemita di destra rimprovera agli ebrei di aver fatto la rivoluzione bolscevica. È vero. C’erano molti ebrei nel 1917. L’antisemita di sinistra rimprovera agli ebrei di essere i proprietari di Manhattan, i gestori del capitalismo… È vero ci sono molti capitalisti ebrei. La ragione è semplice: la cultura, la religione, l’idea rivoluzionaria da una parte, i portafogli e le banche dall’altra sono stati gli unici valori mobili, le sole patrie possibili per quelli che non avevano una patria. Ora che una patria esiste, l’antisemitismo rinasce dalle sue ceneri, o meglio, scusate, dalle nostre, e si chiama antisionismo. Prima si applicava agli individui, adesso viene applicato a una nazione. Israele è un ghetto, Gerusalemme è Varsavia. Chi ci assedia non sono più i tedeschi ma gli arabi e se la loro mezzaluna si è talvolta mascherata da falce era per meglio fregare le sinistre del mondo intero.

Io, ebreo di sinistra, me ne sbatto di una sinistra che vuole liberare gli uomini a spese di una minoranza, perché io faccio parte di questa minoranza. Se la sinistra ci tiene a contarmi fra i suoi non può eludere il mio problema. E il mio problema è che dopo le deportazioni in massa operate dai romani nel primo secolo dell’era volgare, noi siamo stati ovunque banditi, schiacciati, odiati, spogliati, inseguiti e convertiti a forza. Perché? …perché la nostra religione, cioè la nostra cultura erano pericolose. Qualche esempio? Il giudaismo è stato il primo a creare il sabato, il giorno del Signore, giorno di riposo obbligatorio. Insomma il week-end. Immaginate la gioia dei faraoni, sempre in ritardo di una piramide. Il giudaismo proibisce la schiavitù. Immaginate la simpatia dei romani, i più grossi importatori di manodopera gratuita dell’antichità. Nella Bibbia è scritto: “La terra non appartiene all’uomo, ma a Dio”; da questa frase scaturisce una legge, quella della estinzione automatica dei diritti di proprietà ogni 49 anni. Vi immaginate la reazione dei papi del medioevo e degli imperatori del Rinascimento? Non bisognava che il popolo sapesse. Si cominciò quindi col proibire la lettura della Bibbia, che venne svalutata come Vecchio Testamento. Poi ci fu la maldicenza: muri di calunnie che divennero muri di pietra: i ghetti. Poi ci furono l’indice, l’inquisizione e più tardi le stelle gialle. Ma Auschwitz non è che un esempio industriale di genocidio. Di genocidi artigianali ce ne sono stati a migliaia. Mi ci vorrebbero dieci giorni solo per fare la lista di tutti i pogrom di Spagna, Russia, Polonia e Nord Africa. A forza di fuggire, di spostarsi, l’ebreo è andato dappertutto. Si estrapola il significato e eccoci giudicati gente di nessun posto. Noi siamo in mezzo ad altri popoli come gli orfani affidati al brefotrofio.

Io non voglio più essere adottato, non voglio più che la mia vita dipenda dall’umore dei miei padroni di casa, non voglio più affittare una cittadinanza, ne ho abbastanza di bussare alle porte della storia e di aspettare che mi dicano Avanti. Stavolta entro e grido; mi sento a casa mia sulla terra e sulla terra ho la mia terra. Perché l’espressione terra promessa deve valere per tutti i popoli meno che per quello che l’ha inventata? Che cos’è il sionismo? …si riduce a una sola frase: l’anno prossimo a Gerusalemme. No, non è lo slogan di qualche club di vacanza; è scritto nella Bibbia, il libro più venduto e peggio letto del mondo. E questa preghiera è divenuta un grido, un grido che ha più di duemila anni, e i padri di Cristoforo Colombo, di Kafka, di Proust, di Chagall, di Marx, di Einstein, di Modigliani, e di Woody Allen l’hanno ripetuta, questa frase, almeno una volta all’anno: il giorno della Pasqua. Allora il sionismo è razzismo? Ma non fatemi ridere. Il sionismo è il nome di una lotta di liberazione e come ogni movimento democratico ha le sue destre e le sue sinistre. Nel mondo ciascuno ha i suoi ebrei. I francesi hanno i còrsi, i lavoratori algerini; gli italiani hanno i terroni e i terremotati; gli americani hanno i negri, i portoricani; gli uomini hanno le donne; la Società ha i ladri, gli omosessuali, gli handicappati. Noi siamo gli ebrei di tutti. A quelli che mi chiedono: “e i palestinesi?” Rispondo “io sono un palestinese di duemila anni fa, sono l’oppresso più vecchio del mondo, sono pronto a discutere con loro ma non a cedergli la terra che ho lavorato. Tanto più che laggiù c’è posto per due popoli e due nazioni”. Le frontiere le dobbiamo disegnare insieme. Tutta la sinistra sionista cerca da trent’anni degli interlocutori palestinesi, ma l’OLP, incoraggiata dal capitale arabo e dalle sinistre europee, si è chiusa in un irredentismo che sta costando la vita a tutto un popolo, un popolo che mi è fratello, ma che vuole forgiare la sua indipendenza sulle mie ceneri. C’è scritto sulla carta dell’OLP: “verranno accettati nella Palestina riunificata solo gli ebrei venuti prima del 1917″

A questo punto devo essere solidale con la mia gente. Quando gli arabi mi riconosceranno, mi batterò insieme a loro contro i nostri comuni oppressori. Ma per oggi la famosa frase di Cartesio penso, dunque sono non ha nessun valore. Noi ebrei sono cinquemila anni che pensiamo e ci negano ancora il diritto di esistere. Oggi, anche se mi fa orrore, sono costretto a dire mi difendo, dunque sono.”

Herbet Pagani, 1975

Info: http://www.iictelaviv.esteri.it/IIC_TelAviv/