Home eventi MEDIOEVO/IL FESTIVAL. Gregory: “Che fatica archiviare la retorica delle alabarde…”

MEDIOEVO/IL FESTIVAL. Gregory: “Che fatica archiviare la retorica delle alabarde…”

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GUBBIO – «Sino metà circa degli anni Cinquanta del secolo scorso, occuparsi di medioevo significava occuparsi delle corazze, degli elmi, delle spade, rigorosamente di latta e di cartone, come quelle che si incontrano per le vie di Gubbio e di altri luoghi di origine medievale. Era cioè il medioevo delle guerre tra i principi della chiesa e dei principi laici, un medioevo, in sostanza, senza idee. Il nostro amico e maestro Raoul Manselli poteva parlare di “medioevo delle alabarde”, perché lui, che non di alabarde ma di movimenti ereticali si occupava, aveva difficoltà a farsi riconoscere come medievista e a vincere i concorsi. Poi, come ha più volte ha sottolineato Claudio Leonardi, la base documentaria del medioevo è cambiata: alle cronache di carattere storico-politico si sono aggiunti testi agiografici, esegetici, mistici, filosofici, teologici. E se anche molti storici del medioevo rimangono ancora legati ad un quadro politico istituzionale, la storia del medioevo è venuta a coincidere con la storia della cultura medievale».

Tullio Gregory
Tullio Gregory

Così, sollecitato da Enrico Menestò, Tullio Gregory all’inizio del suo intervento dedicato a “Il mio Medioevo” nell’ambito della terza giornata del Festival del Medioevo in svolgimento a Gubbio. Una giornata in cui la ricchezza e complessità culturale dell’età di mezzo è emersa attraverso la scrittura, con il breve corso di paleografia condotto da Attilio Bartoli Langeli e Massimiliano Bassetti, e la tavola, con le Parole d’autore di Massimo Montanari , ma anche in virtù dell’approfondimento sulle vicende degli ebrei a Perugia, con il Focus di Bianca M. Ragni e Ferdinando Treggiari, e degli incontri promossi dal CISAM su Matilde di Canossa e sulla lotta per le investiture, affidati, rispettivamente, a Glauco M. Catarella e Paolo Golinelli e a Germana Gandino e Massimo Oldoni. Ma è toccato soprattutto alla città e all’arte contribuire a rivelare la molteplicità di aspetti di quello che è per noi oggi il Medioevo. All’intervento mattutino di Anna Rita Vagnarelli dedicato agli spazi pubblici e ai palazzi del potere eugubini hanno fatto seguito nel pomeriggio quelli di Enrica Neri Lusanna sulle arti e le ideologie nell’età dei Comuni e di Francesco Federico Mancini sulla presa di coscienza identitaria da parte dell’artista.
Interventi in cui le parole hanno avuto bisogno delle immagini per costruire un discorso sensato su un Medioevo solo in parte confinato negli archivi e nei musei, e che ritroviamo invece nelle città che viviamo, nelle piazze che frequentiamo, nelle vie che percorriamo, persino in certi abiti di condotta e mentali che esprimiamo. Proprio in quei luoghi in cui alcuni pretenderebbero di trovare soltanto alabarde, corazze ed elmi di latta e di cartone. Ma basta allargare un poco lo sguardo per cogliere Gubbio, una realtà tangibile modellata dalla storia nei millenni, sin da quando gli antichi Umbri le hanno dato il suo nome.