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Nasce la birra 100% Valle di Susa. Un progetto che unisce l’eccellenze della Valle

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Nasce la birra cento per cento Valle di Susa. L’idea è firmata da Mulino Valsusa di Bruzolo, Birrificio Solaramà di Vaie e Caffè San Domenico di Sant’Antonino di Susa. «L’idea alla base di tutto è continuare a far crescere la superficie di terreno coltivato con grani della valle sul nostro territorio» dice Massimiliano Spigolon, anima del Mulino, aperto un anno fa e unico mulino ottocentesco della Valle riportato in funzione. Se lo scorso anno, alla partenza del progetto, gli agricoltori coinvolti erano 14, adesso si è saliti a 30. Parallelamente si è passati da 12 ettari coltivati, molti con antiche varietà recuperate, a 35 ettari.

 

La birra è prodotta con grani antichi della valle (Grani tradizionali antichi 100% Val di Susa), una «miscela evolutiva» in campo di antiche varietà di grano che venivano coltivate all’inizio del 1900 e successivamente sono state abbandonate. In pratica, si seminano insieme, direttamente nel terreno, 8-9 grani. «Riscoprire oggi i grani tradizionali antichi e coltivarli nei campi della Val di Susa ha di certo più di un vantaggio: poter godere di proprietà nutrizionali superiori, riattivare nuove filiere di produzione e sostenere l’economia del territorio» spiega Spigolon.


La cotta è del Birrificio Solaramà, realtà valsusina nata nel 2004 per produrre birra artigianale: Davide Zingarelli ha accolto il progetto con grande entusiasmo. Acqua, malto d’orzo, il grano cento per cento valsusino, luppolo e lievito danno vita a una fusione tra stili e zone birraie rinomate: blanche belga ed helles tedesca, con una gradazione alcolica di 5 gradi. Il tocco aggiuntivo? Tipicamente di solo orzo, per questa birra è stata utilizzata una grande percentuale di grani antichi non maltati, precedentemente tostati: donano, oltre al caratteristico aroma, una leggera velatura. 

Per questo, nel progetto è coinvolto il maestro Roberto Messineo, la cui torrefazione di Sant’Antonino di Susa lavora per marchi di ristorazione internazionale ed eccellenze gastronomiche. Tostare i grani vuol dire anche esprimerne l’essenza, l’anima, la vera natura, farne venire fuori gli aromi.

 

Il nome dato alla nuova birra? Gran Dor, con un gioco di parole sia per richiamare il grano dorato sia la Dora: per questo l’etichetta è blu con scritta dorata.

La birra, non filtrata e non pastorizzata, ha un colore dorato chiaro, moderatamente velato, shiuma bianca, fine, compatta e persistente. L’aroma? Profuma di cereali, con note fruttate, richiami floreali di giaggiolo: è appena amara, corposa, fragrante, dissetante, marcato retrogusto di cereali.

 

Parallelamente, con un’altra eccellenza valsusina, il Panificio del maestro Matteo Marzo di Venaus, si sono tornati a produrre i pani antichi della valle che si mangiavano in montagna. Sono i «Pani Alpini con lievito madre. La linea comprende tre tipologie: c’è quello di segale integrale, poi c’è il pane con farine di Grani Antichi, una miscela evolutiva costituita da più varietà di frumento, come Mentana, Apulia, San Pastore, Verna, Gentilrosso, Gamba di ferro, Terminillo, e infine il Barbrial che era scomparso. Arriva da un’antica tecnica che prevedeva la semina autunnale di una miscela composta da semi di grano e segale. La miscela è, dunque, ottenuta non mescolando farine ma direttamente nel campo seminato dove gli aromi e le particolari caratteristiche scaturiscono anche dalla naturale impollinazione incrociata delle due specie. «Sono pani cento per cento Valsusa» sottolinea il maestro Matteo Marzo, che sottolinea come così si realizzi un piccolo sogno: fare oggi il pane del passato per il futuro.