Pisa si rispecchia nel suo teatro, questa in sintesi la filosofia che animerà le scenografie cinematografiche della trilogia verdiana proposta in apertura della stagione al chiuso dopo la riuscita Tosca alla Fortezza Sangallo. Dunque allestimenti nuovi e che si propongono quasi come una metafora incarnata del rapporto viscerale che unisce da sempre la cittadinanza al suo teatro storico e per una città internazionale e di vocazione turistica come Pisa, un invito a raccontarsi in un crogiolo dialettico tra ogni arte e ogni forma di bellezza. Le nuove tecnologie introdotte per la prima volta in esterno con la Tosca, consentono questo dialogo suggestivo, che porterà, ad esempio, il Duomo e il Camposanto protagonisti nelle scene cruciali del Trovatore, l’Arno e i vicoli medievali nel Rigoletto, la Normale e il bellissimo foyer del teatro, disegnato dal veneziano Scala, in Traviata, in un continuo gioco di rispecchiamento onirico tra finzione e realtà quotidiana, in un costante invito a riguardare la propria città con occhi diversi e rinnovati.
Inoltre i cast, come in Tosca, saranno ancora il frutto di un meticoloso bilanciamento tra voci di solida fama ed esperienza, come Gazale o Murat Karahan, e i giovani talenti selezionati nei casting invernali, proseguendo così l’impegno etico del teatro a ribadire il proprio ruolo sociale, supportando gli artisti più penalizzati dalla pandemia e al contempo proponendosi come fucina di nuove voci per i palchi lirici del mondo, in perfetta sintonia con l’anima educatrice di eccellenze future da sempre prerogativa della città.
Quindi la scelta di riaprire le porte del Verdi con il cuore davvero più popolare dell’opera italiana, ma allestito in una calibrata miscela di innovazione e rispetto della tradizione, disegna già la nuova identità del teatro: un’identità precisa, inconfondibile e non omologata, necessaria aspirazione di una città che ha fatto della creatività intellettuale la propria bandiera nei secoli.
Racconta Enrico Stinchelli, Neodirettore artistico: “E’ la mia prima stagione in un ruolo, quello di Direttore Artistico, a cui sono arrivato oggettivamente tardi e dopo un percorso che orgogliosamente rivendico irrituale. Credo di avere la maturità necessaria per lavorare in una chiave antipersonalistica di puro servizio al genius loci, alla vocazione profonda di questa città; quindi, le parole chiave non possono che essere innovazione in un quadro storico da rispettare, ricerca continua, calibrata riscoperta di nicchie ma con un occhio sempre attento ai gusti popolari, come la radio in oltre 25 anni di onorato servizio mi ha insegnato ad esercitare giorno dopo giorno. Le sorprese oggi sono affidate al trompe l’oeil tecnologico grazie al quale Pisa entrerà in teatro come un set cinematografico, ma presto saranno più incentrate sul repertorio. Mentre, almeno per tutto questo primo anno, voglio continuare a ribadire il ruolo sociale dei teatri incentivando i giovani a presentarsi ad un pubblico preparato ed esigente affinchè la loro vita davvero riparta”