«Se la perfezione non fosse una chimera, non avrebbe tanto successo». Scriveva Honoré de Balzac in “Massime e pensieri di Napoleone”. Talvolta, però, capita che la perfezione si realizzi. Come è accaduto a Sutri, sabato 18 luglio.
“Il Persiano” di Plauto ha fatto rivivere, in tutta la sua perfezione, il teatro romano. Un teatro nel teatro. Con un tocco di grazia rinascimentale, senza eccessi ma con la garanzia di voler far più ridere che “capire”. Una performance che ha voluto, diligentemente, essere filologica. Cogliendo proprio nel segno quello che gli spettatori desideravano: il divertimento degli intrecci, delle situazioni, dei caratteri, degli scontri verbali, e parallelamente la grande lezione del teatro classico, che nel rapporto con il pubblico, realizzava un’esperienza conoscitiva sulla natura e sul sociale.
Lo spettacolo fa parte, insieme al Cartaginese, di un progetto, proposto dalla Casa d’Arte Teatrale Fondamenta, strutturato in due spettacoli tratti da testi plautini di diversa natura, ma di pari significato e valore.
Nel suo perfetto intreccio di verità e apparenze, Il Persiano realizza un inimitabile modello di macchina comica, dove la boria del potere dei padroni è messa impietosamente alla berlina con spirito dissacrante, che rimanda alla poetica di Aristofane, all’utopia di una società di giusti, in armonia con la natura del mondo. Lo spettacolo ripropone la storica e affascinante modalità scenica di quella drammaturgia: quattro attori, attraverso l’uso delle maschere, interpretano, in un vorticoso ed esilarante gioco teatrale, i quindici ruoli dei due testi.
La scenografia essenziale, di Daniela Catone, gravida di colori che solleticavano gli occhi, era la seconda parte di un perfetto binomio che si reggeva sulla sapienza teatrale degli attori: Paolo Floris, Tommaso Lipari, Mattia Parrella e Andrea Puglisi che hanno dato il meglio di loro stessi. Il tocco di grazia sono state le maschere di Giancarlo Santelli. Una scelta che ha proiettato lo spettatore, complice anche la località, in un mondo ulteriore. Dove, sotto un cielo di stelle, avvolto in una atmosfera fresca di un luogo magico come l’Anfiteatro di Sutri, è parso di essere tornati indietro nel tempo. Dove combaciavamo perfettamente antico e moderno.