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1 febbraio 1945, il voto alle donne… E quella beffa di vent’anni prima

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Accadde oggi. La guerra non era ancora finita quando, il 1 febbraio 1945, entra in vigore nel Regno d’Italia il decreto legislativo luogotenenziale che attribuisce anche alle donne il diritto di voto. Il suffragio diventava realmente universale, senza distinzioni di sesso. Le italiane votarono così nelle successive elezioni amministrative, poi per la Costituente. Il traguardo era stato raggiunto, a fatica. Ma non è stato difficile solo in Italia. Gran parte dei paesi avanzati concesse il voto alle donne nel corso del Novecento. Poi ci sono le curiosità. Il primo Stato indipendente ad adottare il suffragio femminile fu se non italiano almeno italofono. Fu concesso dalla Repubblica Corsa del 1755 la cui Costituzione, scritta da Pasquale Paoli, prevedeva un’assemblea rappresentativa nazionale eletta da tutti gli abitanti sopra i 25 anni d’età, sia donne (se nubili o vedove) che uomini. Ma duro’ poco. Il suffragio femminile fu revocato quando la Francia annesse l’isola nel 1769. In teoria le donne avrebbero potuto anche nella Repubblica Romana, nel 1949. Ma la Repubblica duro’ lo spazio di un mattino ed è difficile definirla uno Stato realmente indipendente. Come del resto la Reggenza del Carnaro, il micro Stato creato da D’Annunzio a Fiume nel 1920. In realtà la prima legge sul suffragio femminile, sia pure solo amministrativo, in Italia, la si deve a Mussolini. Era prevista dal programma dei Fasci del 1919 e fu varata il 22 novembre 1925. Ma fu una beffa. Dopo pochi mesi fu istituito il Podestà di nomina governativa e nei Comuni non si voto’ più, fino al dopoguerra. Il diritto delle donne rimase puramente teorico. Quello degli uomini lo divento’.