Non tutti sanno che “Albachiara”, scritta in un pomeriggio sul divano di casa, quando l’album era praticamente chiuso, rischiava di non entrare nel disco.Fu aggiunta all’ultimo e come penultima canzone della facciata B, contrariamente al desiderio di Vasco che l’avrebbe voluta mettere come prima della facciata A (“per dirvi quanto contavo allora..”)
Nell’album c’è anche un capitolo fulminante di educazione sentimentale e sessuale: “La strega” ritratto di una diva del sabato sera; e poi “Vabè (se proprio te lo devo dire)”, secondo ritratto di donna di diverso tipo, dove Vasco dà le carte senza infierire, perché forse la tipa non è il suo tipo ma lo diverte molto. Entrambe con un tema nuovo e trasgressivo per l’epoca.
“Fegato, fegato spappolato” è una sorta di Bignamidel Vasco-pensiero. Un brano assolutamente innovativo per l’epoca, un esperimento di teatro-canzone ma molto strutturato, con un arrangiamento rock, che dal vivo diventa ancora più duro. Pur essendo diverse tra loro, c’è un certo parallelismo con “Sballi ravvicinati del 3° tipo”: qui Vasco cita Fo e Jannacci ed è un altro brano tra i più trasformati dal vivo. Il lato A chiude con “(per quello che ho da fare) faccio il militare”,canzone che contiene la frase che dà il titolo all’intero album:chitarra e voce con arrangiamento classico per una satira feroce sull’inutilità della vita da militare, che a lui aveva solo fatto perdere tempo rispetto alla carriera artistica appena iniziata. Qui Vasco canta in falsetto “Astro del ciel” ed insieme a Massimo Riva fanno gli effetti di cannoni, dei fischi. E il lato B riapre con la stessa canzone versione “reprise”, riprendendo quel “Vacca gli indiani” che ancora oggi, a distanza di 40 anni, strappa un sorriso; seguita da “Quindici anni fa”, forse la sua più cruda e sincera canzone d’amore, finito male ma urlato senza vergogna.