Home teatro Al Brancaccino in scena i frammenti goldoniani di un discorso amoroso

Al Brancaccino in scena i frammenti goldoniani di un discorso amoroso

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Che cos’è una scenata? Con la prima scenata, secondo Nietzsche, il linguaggio inizia la sua lunga carriera di cosa tormentata. Il monologo torna nell’antico primordio, dove tutto ha un contorno di follia e silenziosa malattia dell’anima. In fondo, l’innamorato che parla da solo non è da tutti visto come un pazzo?

E ancora, amare non è la prova generale della scoperta dell’Inconoscibile? Quegli sforzi messi in campo da chi ama per definire l’amato come elemento in sé, come tipo? Ma l’innamorato è spesso preda di uno delle più grandi e tragicomiche contraddizioni di sempre: nel momento esatto in cui pensa di possedere l’altro, nella sua completezza, ecco che un refolo di mistero sbuffa da un ignoto perché a ricordargli che l’altro è impenetrabile, guizzante. Ed ecco, il rovesciamento diventa la cifra unica per comprendere la grammatica dell’amore; come spiega Roland Barthes: “Non riesco a capirti” diventa “Non saprò mai cosa pensi di me”.

Di tutto questo, e molto altro, si tratta ne “Gli innamorati”, rilettura contemporanea della commedia di Goldoni con la regia di Fabrizio Sinisi. Proposta al Brancaccino fino al 4 dicembre. La macchina perfetta del desiderio di desiderio viene messo in scena da Gianpiero Borgia e Elena Cotugno, che strappano sorrisi a non finire. Risa ponderate, mai sguaiate. Una piece intelligente, raffinata. Non superficiale che, con la sua eleganza, porta lo spettatore a interrogarsi non solo sul perché sia chiaro che la grammatica erotica sia stata scardinata e la sintassi e spesso l’ortografia di una coppia siano su due piani diversi, ma porta anche a chiedersi come sia possibile, dunque, che due anime che parlano linguaggi così diversi siano alla fine così affini nei gesti, nelle parole e nel comportamento. La risposta la si può trovare solo andando a vederlo.