Home teatro Al teatro Argot in scena un Misantropo contemporaneo che rapisce il pubblico

Al teatro Argot in scena un Misantropo contemporaneo che rapisce il pubblico

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Il Misantropo di Molière, il 4 Ottobre al Teatro Argot, ha dato prova di una profonda maestria nel condurre lo spettatore nei retroscena della forma, accolto in un ambiente in cui la quarta parete è assente e la finzione si riproduce tra le sedie dedicate agli ospiti, questi divengono essi stessi parte della commedia, all’interno di una visione, fino al punto di reagire in prima persona come avessero un ruolo da interpretare ed uno sgomento, e delle risate da riprodurre; nello spettacolo di Francesco Frangipane queste escono spontanee nell’immedesimazione data dall’ escamotage della rappresentazione tra il pubblico, rendendo reale un gioco tra le parti, un’identificazione e proiezione di comportamenti tipici del tempo nostro quanto della società in cui Moliere scriveva. Questo gioco si spinge al limite fino a produrre nel pubblico facce di disgusto sincere verso Celimene, una donna che dell’inganno d’amore aveva fatto il suo gioco e la sua verità.

La prima del Misantropo ha portato con sé il plauso del pubblico, trattenutosi dall’alzarsi, ipnotizzato e trasportato dall’ adattamento di Francesco Frangipane il cui merito è stato quello di trasporre la commedia seicentesca in una pantomima contemporanea sottile, cavalcante l’onda della civetteria, lusinga e menzogna comune agli ambienti del teatro e non, questo è stato reso possibile grazie alla partecipazione del dj Antonello Aprea, il quale con musiche che hanno spaziato dai Gotan Project agli Archive, ha dato vita ad uno strettissimo connubio tra l’osservatore esterno e l’attore, entrambi all’interno di uno stesso spettacolo; la sua musica ha prodotto l’esplicarsi denso del senso molieriano e un arricchimento del testo, rielaborato da un regista intuitivo e molto dotato.

Nessun attore presente è venuto meno al suo stesso ruolo, riuscendo a rendere la complessità che si cela nella finzione, la sfaccettatura delle dinamiche relazionali nell’eterno fluttuare tra autenticità e maschera; non posso esimermi dal citare Arcangelo Iannace, nei panni di Alceste; Francesco Zecca, nei panni di Filinte; Vincenzo de Michele, nei panni di Oronte, Miriam Galanti interpretante Eliante, Silvia Salvatori rappresentante Arsinoè, Matteo Quinzi qui Acaste e Giles Rocca qui Clitandro, tutti dentro in maniera imperfetta – come la realtà umana richiede – nel ruolo interpretato, poiché imperfetto è l’animo umano ed in questo la perfezione della loro performance.
Un appunto a sé stante per Vanessa Scalera, nello spettacolo Celimene, il cui spessore ha reso carica costantemente la scena, donando allo spettatore un’energia difficile da gestire da lei incarnata, destreggiata e trasformata come fosse creta nelle sue mani. Assolutamente da segnare la sua eccellenza nel riportare in scena la figura di Celimene, rendendole giustizia e non appiattendola in uno stereotipo di sorta ma anzi dandole pienezza e forma attraverso un’agiatezza espressiva, una conduzione vocale e una padronanza del corpo che la porta oggi ad essere un’attrice di altissimo livello.

Fino al 9 Ottobre