Martedì 8 febbraio (ore 21.00) al Teatro Bonci di Cesena la Fondazione Nazionale della Danza/ Aterballetto presenta Don Juan: la pièce firmata dallo svedese Johan Inger – che dopo aver lavorato nel Nederlands Dans Theater ha assunto la direzione artistica del Cullberg Ballet e dal 2008 crea come freelance per compagnie come GoteborgsOperan, Ballet Basel, Swedish National Ballet, Compañía Nacional de Danza, Lyon Opera Ballet, Les Ballets de Monte Carlo – ha ricevuto il Premio Danza&Danza come Miglior Produzione 2020. È una coreografia molto teatrale, per 16 danzatori, calata in una scena mobile in bianco e nero: uno spazio irreale, onirico, in cui si rilegge in chiave psicanalitica il celebre personaggio che attraversa la letteratura occidentale.
Don Giovanni è lo stereotipo del latin lover: il suo unico obiettivo nella vita è sedurre quante più donne possibile. È un cacciatore e collezionista di donne. La drammaturgia di Gregor Acuña-Pohl scava nel suo passato e trova un trauma, che lo ha plasmato nel suo discutibile comportamento.
«Ci siamo chiesti cosa abbia reso Don Juan il personaggio che è. Abbiamo cercato di capire da dove venisse questo comportamento, il suo modo di trattare le donne» scrive l’autore. «Per noi il nostro personaggio è ovviamente segnato dalle esperienze della sua infanzia. Allora, cosa è successo nella sua infanzia che può averlo portato a comportarsi in questo modo? Il nostro protagonista cerca la madre in ogni incontro con l’altro perché lei lo ha lasciato da piccolo. Non sappiamo per quale motivo e in che modo ma siamo certi che l’abbandono abbia determinato nel piccolo Don Juan un grande vuoto interiore e un’immaturità nella sfera emotiva, sentimentale. Per colmare questo vuoto, per far fronte alla separazione dal ventre materno Don Juan ha bisogno di collezionare grembi femminili» spiega il coreografo.
La madre diventa come un fantasma nella sua mente e lui cercherà sempre di trovarla, cercandola in ogni donna che seduce.
Ricordando le parole di Molière («ha un cuore abbastanza grande da amare il mondo intero»), Acuña -Pohl e Inger abbracciano la versione femminista di Suzanne Lilar Le Burlador in cui Don Giovanni è un giocattolo nelle mani delle donne, una “vittima”. Un uomo che è in grado di dare, in qualsiasi momento, ad ogni donna esattamente ciò che merita e di cui ha bisogno: il suo unico crimine è l’impossibilità di rimanere fedele alle sue parole e azioni.