Un libro sulla crisi, sull’ebraismo, sulla cucina e sul teatro. Il tutto condito da uno stile ironico e da una trama articolata tipica del romanzo inglese. “Carciofi alla giudia” e’ il nuovo romanzo di Elisabetta Fiorito, giornalista politica di Radio24 e tra i vincitori del premio Fersen 2016 per la drammaturgia, edizioni Mondadori, 276 pagine, 18 euro.
La vicenda si ambienta a Roma, nel 2014, in mezzo alla crisi economica, e ha come protagonisti una coppia “mista”: Rosamaria, razionalista regista teatrale, e David, ebreo tripolino commerciante. Due personaggi che si incontrano non piu’ giovanissimi e che uniscono i loro destini malgrado le opposte visioni della vita. Rosamaria si trova a fare i conti con la nuova famiglia, i Fellus, e i pranzi rigidamente kasher,
malgrado il suo motto sia “troppa religione fa male qualunque essa sia”, ma anche con quella sua originaria, i Cecchiarelli, che contestano di vederla cosi’ arrendevole nei confronti del compagno. E Giovanna, la madre, e’ presa da una sorta di antipatia nei confronti del nuovo compagno della figlia che Rosamaria etichetta come “antisemitismo da gelosia” per denunciare i pregiudizi che purtroppo non muoiono mai.
La storia si svolge in pochi intensi mesi, tra la primavera e l’autunno del 2014, da Pesach, la Pasqua ebraica, e Yom Kippur, il giorno dell’espiazione.
Il romanzo descrive uno spaccato l’Italia falcidiata dalla crisi, soffocata dai vincoli europei e dall’inabilita’ della classe politica di far fronte alla situazione. L’azienda Cecchiarelli, la famiglia di Rosamaria, ha dovuto chiudere i battenti, il fratello e’ scomparso prima che fosse dichiarata la bancarotta, la famiglia Fellus e’ arrivata in Italia nel 1967 dopo la cacciata degli ebrei dalla Libia, ha preferito
restare a Roma invece che andare in Israele, ma David non puo’ fare a meno di notare come negli ultimi anni, l’Italia e’ andata indietro mentre Israele e’ in pieno boom economico con un pil che cresce a livelli inimmaginabili malgrado il costante pericolo che si vive nel paese.
Malgrado tutto cio’ e malgrado i tagli alla cultura, Rosamaria si ostina con pazienza e testardaggine a voler mettere in scena una commedia brillante, mentre nessuno crede nella nuova drammaturgia e si preferiscono sempre i testi di repertorio per far numero a teatro. Un libro dal finale surreale, scorrevole che vola leggero sui conflitti e sulle contraddizioni della vita, guardandole dall’alto ma con grande profondità e sensibilità.