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“Genova New York”, Carlo Valli interprete di mille storie da non dimenticare

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Carlo Valli

Un legame molto stretto è quello che lega Genova a New York: un legame fatto di storie, di uomini, di conquiste, di speranze, di vite vissute nel sogno di conquista di qualcosa di nuovo, attraverso quella sconfinata distesa di mare chiamata Atlantico. “Genova New York”, di Marco Avarello, per la regia di Linda Di Pietro – in scena al Teatro Tordinona fino a domenica 29 novembre – è uno spettacolo gradevole e a tratti divertente, anche grazie all’alternanza di momenti di musica e canto dal vivo. Una scenografia scarna ed essenziale riproduce l’interno di una nave, facendo da sfondo ai quattro personaggi che si muovono benissimo sul palcoscenico, conquistando immediatamente lo spettatore. Nessun sipario a dividere gli attori da tutto il resto della sala: si entra subito nel vivo della storia quando alcuni musicisti, per trovare rifugio dalla pioggia, si nascondono all’interno di questa imbarcazione, apparentemente abbandonata. Sono in tre: una donna (Lenni Lippi) e due uomini (Simone Mariani e Francesco Cavalluzzo).

Ma appena entra in scena lui l’effetto è quasi surreale, perché vedere recitare qualcuno come Carlo Valli – storica voce di Robin Williams – è uno di quei momenti che meritano di essere vissuti, almeno una volta nella vita. Un brivido scorre lungo la schiena: inevitabile è l’associazione con il ricordo di un grande della storia del cinema. Pian piano però il professor Keating del memorabile Attimo fuggente lascia spazio alla storia di un anziano e stanco frequentatore dei mari, nostalgico del tempo che fu e di certo appassionato di storia. I suoi ricordi ripercorrono fedelmente i tratti salienti di quella tratta Genova – New York, sin dai tempi della scoperta delle Americhe.

Carlo Valli
Carlo Valli

Spettacolo ideale per un appassionato della materia, ma dopotutto piacevole anche per coloro i quali, rimasti ancorati ai ricordi dei banchi di scuola, scoprono alcuni aneddoti che i libri, quelli fedeli alla Storia ufficiale, non dicono. Ed è così che si scopre, ad esempio, come l’Unità d’Italia sia frutto di una delle più grandi truffe mai realizzate o che la birra Nastro Azzurro deve il suo nome ad un rito molto diffuso durante il fascismo. Immancabili certe velate sferzate politiche, come quando si racconta la storia di Sacco e Vanzetti, una delle più grandi ingiustizie a danno di italiani o quando si fanno riferimenti alla politica espansionistica mussoliniana e al “suo spiccato senso di competitività”. Al di là dei giudizi di parte, tuttavia, durante la rappresentazione colpisce il timbro della voce suadente di Lenni Lippi, eccellente interprete anche a livello canoro, capace di trasportarci in un’atmosfera stile Broadway. Sin da subito si nota una certa complicità tra questa instancabile sognatrice ed il narratore principale, anche a costo di bacchettare più di una volta il suo compagno di viaggio (Simone Mariani): è lui il personaggio preso di mira dalle battute della coppia, distante da tutte quelle storie, in parte mai sapute, in parte dimenticate. E’ lui forse l’interprete della nostra coscienza ormai sopita, che attende di essere svegliata da un lungo sogno …

E così, di storia in storia, di canzone in canzone, si arriva ai giorni nostri, al rapporto tra uomo e tecnologia che ha irrimediabilmente cambiato per sempre la stessa concezione di viaggio. I tempi si fanno sempre più brevi, fino a quando vengono messi in circolazione quei grossi aerei chiamati Boeing. Ed è proprio allora che avviene la frattura: la nave non si usa più per viaggiare, ma per perder tempo. Adesso ci sono le crociere – rimarca con nostalgia il protagonista – mentre per i viaggi a lunga percorrenza si preferisce prendere l’aero. E vista la differenza di fuso orario tra una località e l’altra al di là dell’Oceano, può anche capitare che si arrivi a destinazione in anticipo rispetto a quando si è partiti. Una vera rivoluzione, ma “quando il viaggio finisce ancora prima di cominciare, allora vuol dire che non c’è più nulla da raccontare …”