«Se si sapeva già tutto, perché gridare allo scandalo contro di me? Il motivo è che ho scritto la parte di verità che non si doveva raccontare. La storia della guerra civile deve essere completa. Non può essere scritta e raccontata come se a combatterla fosse stata una parte sola. Mi sono stancato di distinguere tra morti buoni e morti cattivi. Il mio revisionismo sta tutto qui.»
“Il racconto che sino a oggi abbiamo fatto della Resistenza dovrebbe essere riscritto da cima a fondo. Perché è in gran parte falso.” Per Giampaolo Pansa è stata prima di tutto una guerra interna. E da sempre, ad appena ventitré anni, nel 1959, quando intervenne a un convegno sulla Storiografia della Resistenza, ha sostenuto il dovere di dare voce, nel racconto dell’Italia del 1943-1946, anche agli sconfitti. Per ricordare a tutti quello che la storia ufficiale taceva: le uccisioni dei fascisti prigionieri da parte dei partigiani durante la guerra civile. Le vendette dei vincitori nei giorni successivi alla Liberazione. La barbarie delle violenze sulle donne accusate di essere spie dei fascisti. In queste pagine ritroviamo le drammatiche vicende e i volti dei loro protagonisti in un percorso fotografico inedito. Dalla Banda di Tom di Casale Monferrato al rastrellamento della Benedicta, dall’eccidio del campo di Bogli alle esecuzioni nella colonia di Rovegno: questa è la lunga scia di sangue che ha permesso di riscrivere la storia di quegli anni. “L’Italia è una nazione vecchia e sfibrata” scriveva Pansa “capace soltanto di lamentarsi e di litigare. Gli italiani non sono affatto brava gente. Si odiano e sono sempre disposti a scannarsi.” Questo libro è un’occasione nuova per ribadire le verità, troppo a lungo taciute, sulla guerra civile tra italiani.