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“Il caso Braibanti” di Massimiliano Palmese, con Fabio Bussotti e Mauro Conte racconta un’Italia che per fortuna non c’è più… forse

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Dal 30 novembre al 2 dicembre in scena al Teatro Torlonia IL CASO BRAIBANTI, nato dalla penna diMassimiliano Palmese – il testo Il caso Braibanti è edito da Caracò Editore (Bologna, 2017) – nell’ambito della XVIII edizione di Garofano Verde, rassegna ideata e diretta dal critico teatrale Rodolfo di Giammarco. Giuseppe Marinidirige Fabio Bussotti Mauro Conte in uno spaccato di Italia provinciale, clericale e omofoba. Il caso Braibanti rievoca uno dei più clamorosi scandali giudiziari della storia italiana del Novecento, il processo ad Aldo Braibanti (1922-2014), ex-partigiano torturato dai nazifascisti, artista, filosofo e naturalista. Nel giugno 1968, mentre nel mondo infiammava la Contestazione, e giovani e intellettuali chiedevano più libertà e più diritti, in Italia si apriva il processo-farsa a Braibanti “per aver assoggettato fisicamente e psichicamente” il ventunenne Giovanni Sanfratello. In realtà il ragazzo, in fuga da una famiglia autoritaria e bigotta, una volta raggiunta la maggiore età aveva deciso di seguire le proprie inclinazioni ed era andato a vivere a Roma con Braibanti. Non accettando l’omosessualità del figlio, il padre affidò Giovanni agli psichiatri con la speranza di guarirlo dalla “seduzione” che avrebbe subito, e denunciò Braibanti con l’accusa di plagio, un reato considerato già allora “un rudere giuridico”. Molti intellettuali denunciarono lo scandalo di un processo montato ad arte dalla destra più reazionaria del Paese in combutta con esponenti del clero e della “psichiatria di regime”. In favore di Braibanti intervennero Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante, Alberto Moravia, Umberto Eco, Marco Pannella, Cesare Musatti, Dacia Maraini. Tutti i loro appelli caddero nel vuoto. Su un testo che Massimiliano Palmese ha costruito su documenti d’archivio, lettere e testimonianze, che ripercorrono tutte le fasi del processo, Giuseppe Marini ha costruito “un oratorio civile” scandito da incursioni di un sax live. Nei panni dei due protagonisti, Fabio Bussotti e Mauro Conte, che sempre in scena con il musicista Mauro Verronerecitano anche la parte degli avvocati, dei preti, dei genitori, caratterizzandoli nelle rispettive inflessioni dialettali. Ne fuoriesce uno spaccato di Italia provinciale, clericale e omofoba.