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“Il castello di Vogelod”. Viaggio musicale nella pellicola di Murnau tra parole e immagini

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La stagione 2017|2018 del Teatro Ambra Jovinelli si apre con uno spettacolo sorprendente: dal 24 al 29 ottobre Claudio Santamaria porta in scena Il Castello di di Vogelod – Viaggio musicale nella pellicola di Murnau tra parole e immagini, musicato dal vivo dal vivo dai Marlene Kuntz, per la regia di Fabrizio Arcuri.

 

Anche quest’anno l’Ambra Jovinelli propone un cartellone ricco di spettacoli e di grandi nomi: un programma che, senza tradire la vocazione di teatro popolare, reinventa ed arricchisce la straordinaria tradizione di questa storica sala.  Accanto  alle commedie e ai grandi comici saranno proposte storie celebri, presenti nell’immaginario collettivo, che riprenderanno vita per sorprenderci con la loro profonda attualità, la loro capacità di parlare a tutti.

 

Davanti a un capolavoro del cinema muto si resta ammaliati dal rigore delle immagini e dalla capacità del cinema puro di investigare gli sguardi e le azioni. 

Questa pellicola in particolare è estremamente teatrale per l’intreccio e per la claustrofobia che riesce a creare sempre rimanendo al chiuso di quattro pareti.

Tratto dal romanzo omonimo di Rudolf Stratz, il film ha in sé il potere di far credere allo spettatore che il confine fra il sospetto e la sicurezza non sia mai netto e che qualcosa o qualcuno sia sempre in grado di confonderli. Una regia che è un occhio onnisciente, che riprende gli alberi e le montagne nell’insieme e che li contrappone a inquadrature claustrofobiche di interni, perché lo sguardo di Murnau si annida ovunque la sua pupilla indagatrice possa carpire i segreti delle sue storie. Mettendo a fuoco le espressioni di certe facce, si sfrutta al massimo l’uso dello spazio a livello psicologico, teso a delineare significati su ciò che sta succedendo ai personaggi dentro il maniero.  È in questo modo che l’orrore penetra dall’esterno e dall’interno, ma anche dal presente come dal passato (si fa largo uso di flashback). Le scenografie, a tal proposito, sono naturali, ed è invece più artificiale la luce, che sembra provenire da un passato lontano, rompendo la tranquillità dei personaggi e mettendoli in relazione gli uni con gli altri.

Alla regia del film si sovrappone una regia teatrale che aumenta e potenzia la tensione grazie alla colonna sonora dei Marlene Kuntz gruppo rock italiano noto per la loro sensibilità e la ricercatezza delle sonorità ruvide e al tempo stesso melodiche, a una scenografia semovente fatta di oggetti concreti e di schermi che consente al film uno spazio tridimensionale per fare in modo che lo spettatore intraprenda un viaggio all’interno della pellicola, e infine grazie alla voce e all’interpretazione di Claudio Santamaria che si fa narratore della vicenda ma anche attore agente sulla scena.

Il film a tratti prende corpo reale per tornare a perdersi nella virtualità delle immagini in un contrappunto costante di verità e finzione, un gioco di specchi all’infinito per potenziare al massimo la vocazione trhiller di questa pellicola che da’ il via a quei filoni cinematografici che poi imbastiranno un vero e proprio genere i cosiddetti “gialli”, sempre molto apprezzati dal pubblico (anche contemporaneo).