Il bello dei bambini è che un giorno saranno adulti andato in scena al Teatro Studio Uno si rivela essere una doccia fredda amara versataci addosso dalla realtà circostante – qui raccolta, e somministrataci, in cinquanta minuti di tagliente ironia. La profonda visione dell’adattamento di Alessandro De Feo per la regia di Tiziano Caputo conduce lo sguardo dei curiosi nell’intimo educativo ed esistenziale di tre bambini-adulti rappresentati da Matteo Cirillo, Alessandro De Feo e Giordana Morandini.
Un medico alcolizzato, una donna arrivista, un pagliaccio tradito dall’arte si espongono tra gli spazi della propria vita, ad assisterli le pareti di una cucina che farà da confidente allo snodarsi del loro sentiero esistenziale. Nel corso dell’opera lo spettatore entrerà nell’intimità di questi tre anti-eroi, vittime e complici di un sistema che nutre di veleno i bambini – poi adulti – persi nella scelta tra l’essere e il non essere essendo ciò che la società si aspetta da loro.
In questo spettacolo risuona una critica sociale che fa da eco al pensiero di un più lontano Ivan Illich, di quei suoi pensieri scritti, mine vaganti, in cui l’istituzione scolastica scadeva divenendo l’ agenzia pubblicitaria della società.
Questa doccia fredda dona il gusto dell’aberrazione scolastica, nel suo abuso di potere, e nella sua capacità di annichilire e castrare i bambini, rendendoli privi della genuina creatività, dell’infinita immaginazione, della libera espressione e della gioia di cui ogni fanciullo può essere colmo.
La sovrapposizione di voci, l’alternarsi delle linee dei tre protagonisti, racconta un vissuto più collettivo che individuale, mostrando allo stesso tempo una ribellione e una resa completa a ciò di cui si è stati nutriti, ci si chiede allora se il titolo – Il bello dei bambini è che un giorno saranno adulti – sia un detto, dato con umorismo sconfitto e con uno sguardo di resa, o se questo sia un canto come una possibilità di redenzione per i bambini divenuti adulti, ormai padroni della propria esistenza.