S’intitola “Le sacre” l’ultima creazione di Virgilio Sieni andata in scena al Teatro Argentina dall’8 al 10 gennaio. “Le sacre” come “Le sacre du printemps” di Stravinskij sulle cui note si sviluppa questo lavoro.
Lo spettacolo, in realtà si articola di due parti: un Preludio su musica di Daniele Roccato e il vero e proprio Sacre, la cerimonia, sulle note di Stravinskij. Nel Preludio, danzata da un sestetto di donne, la coreografia sembrerebbe ancora in fase sperimentale se non fosse per quegli all’unisono che rivelano una precisa volontà di creazione. Le donne costruiscono i movimenti un pezzetto alla volta, un muscolo, una giuntura, una falange alla volta scivolando avanti e indietro sul palco su una direttrice orizzontale. Ma uno studio – che non è finito, perché si realizza ogni volta sul palco – così meticoloso e minuzioso non ha giustamente potuto mantenere l’attenzione del pubblico così a lungo come si proponeva di fare.
Nel secondo tempo i ballerini danno vita al rituale. Si lanciano in una danza degli strumenti, dove ogni tono, ogni nota, ogni intenzione, ogni sfaccettatura è raffigurata dal movimento fino a confondere il confine tra due identità che solitamente ci sembrano ben definite: il suono e il movimento. La partitura è messa in scena, non è più Stravinskij, i suoni che sentiamo diventano una traccia mentale, un moto viscerale, è il rituale rappresentato, la danza suona, la danza ha un suono.
Quando la danza finisce il suono svanisce e quel che rimane è solo un motivo lontano, un ricordo ancestrale di qualche vecchio rituale.