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“La plaza” del collettivo catalano El Conde de Torrefiel all’Argentina

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Un’agorà urbana proiettata in uno spazio-tempo fluido. Una pièce che trova la sua origine negli attacchi terroristici di Barcellona, Parigi e Bruxelles del 2015 e 2016 e che oggi, in epoca pandemica, trova un nuovo significato.

È La Plaza, spettacolo del collettivo catalano El Conde de Torrefiel in scena il 12 e 13 settembre al Teatro Argentina, in chiusura della XV edizione del festival internazionale di creazione contemporanea Short Theatre.

Lo spettacolo è una co-realizzazione del Teatro di Roma – Teatro Nazionale.

“Il seme di questo lavoro ha la sua origine nel 2015/2016 con gli attacchi terroristi di Parigi, Bruxelles e Barcelona che marcarono fortemente il nostro rapporto con lo spazio pubblico e gli altri. L’immagine dei fiori accumulati sulle piazze delle città non solo un’immagine presente nella pièce, ma un atto rituale e sociale che abbiamo voluto elaborare poeticamente da una prospettiva esistenziale. Due anni dopo la sua creazione, la sensazione di solitudine e confinamento può acquisire nel 2020 un significato nuovo non previsto.”

Con venti performer in scena – situazione possibile in questo momento di emergenza sanitaria solo grazie alle grandi dimensioni del palco – La Plaza racconta il presente facendo leva sulla memoria collettiva del passato, tra minuzie quotidiane ed eventi epocali, espandendo la nostra percezione dello spazio e del tempo e proiettando l’attenzione sul futuro concepito come una dimensione sconosciuta e imprevedibile. Ritrae la realtà della vita pubblica della città, intesa come luogo di convivenza, nella quale convergono e collidono una molteplicità di espressioni e modi di stare al mondo, forme di vedere e intendere lo spazio in cui ci muoviamo e i corpi con cui esso si condivide.

A 20 anni dal suo inizio, il XXI secolo si delinea già molto agitato e conflittuale su scala globale. I giorni sono bipolari: i nostri modi di pensare e gestire noi stessi stanno cambiando in maniera radicale e incontrollabile. Eppure, allo stesso tempo, non sta cambiando nulla. Le tensioni tra memoria e immaginazione che ci rendono unici al mondo, creano a loro volta un conflitto perpetuo tra il desiderio e la paura di superare le imperfezioni di ciò che è sconosciuto, inspiegato e, in particolare, deforme. La possibilità di immaginare un futuro inspiegabile si trasforma in una privilegiata condizione di perfezione: un luogo in cui i nemici sono sconfitti, un paradiso raggiungibile solo con la morte.