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“L’arte è una caramella”, al Brancaccino un viaggio nella più bella storia d’amore

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Facile e forse sin troppo riduttivo emozionarsi dinanzi a certi capolavori che, nel corso dei secoli, il mondo dell’arte ha consegnato ai suoi figli: da Giotto a Leonardo e a Van Gogh, esistono alcuni canoni estetici, figli di ogni singola cultura, da cui non è possibile liberarsi e che orientano, di volta in volta, i nostri canoni di giudizio. E la bellezza, si sa, è una categoria astratta e fortemente soggettiva, ma allora cosa qualifica realmente un’opera d’arte, in cosa è racchiusa la sua essenza? Cosa rende simile la Monna Lisa al “taglio” di Lucio Fontana? Niente o forse tutto. Da quest’interrogativo parte lo spettacolo teatrale  “L’arte è una caramella” (in scena al Brancaccino di Roma fino all’8 novembre), un viaggio-monologo di Carlo Vanoni (per la regia di Gian Marco Montesano) che, nei panni di attore atipico, dà prova della sua competenza – artistica e musicale – in una performance altrettanto fuori gli schemi.

Arte-Caramella-LOCANDINAUno spettacolo consigliato per gli amanti dell’arte tout court, ma anche per chi, dinanzi alla “Merda d’artista” di Piero Manzoni o a quell’ “Orinatoio capovolto” di Michel Duchamp strizza gli occhi e continua a chiedersi: ma anche questa può essere considerata forma d’arte? Quesito non facile da risolvere e che lascia aperte diverse porte. Eppure anche un mucchio di caramelle, ammassate in un angolo di una galleria, hanno un loro di significato, sicuramente difficile da comprendere, ma meritevole di attenzione. Soprattutto se poi si scopre che l’artista, un certo Fèlix Gonzales Torres, concepisce l’opera come un “Portait”, un ritratto, quello di Ross, il suo amore, lentamente consumato dall’AIDS. Tante caramelle quanto il peso che Ross aveva quanto era in salute, 79 kg: ogni visitatore, portando via una di quelle caramelle, assapora in questo modo il gusto amaro della perdita di una persona cara. Caramella dopo caramella quell’amore si assottiglia, come il corpo malato l’opera d’arte di consuma lentamente. Ecco quindi svelata l’essenza dell’opera, terribile pur nella sua semplicità.

Se gli antichi realizzavano opere fatte per durare in eterno, per gli artisti contemporanei ciò che conta è il messaggio lanciato, anche perché la materia, per sua natura, è destinata irrimediabilmente a scomparire prima o poi. E’ destino comune, dopotutto, vedere le proprie opere rifiutate dalla società in cui si vive, forse perché è nella natura dell’artista in qualche modo ribellarsi al modo comune, provando a pensare fuori dalle regole. Ne sanno qualcosa gli impressionisti, ma anche tutti coloro i quali hanno osato creare qualcosa di unico nel suo genere.

Una meravigliosa storia d’amore, quella messa in scena al teatro e in generale quella che il mondo dell’arte ci trasmette, che però non deve mai finire. Per evitare ciò basta semplicemente continuare a rifocillare quel mucchio con altre caramelle, così via via all’infinito, finché si vorrà nutrire ancora il nostro animo e credere che, in fondo, “L’arte è una caramella”.