Morte di un commesso viaggiatore è la storia di un piccolo uomo e del suo sogno più grande di lui.
Mischia verità e allucinazione. Si svolge contemporaneamente sulla scena, sotto gli occhi del pubblico, e nella testa del protagonista, nella quale noi spettatori, a differenza dagli altri personaggi, siamo chiamati a entrare.
È una tragedia moderna che rivela il lato crudele del sogno americano.
Willy vuole così tanto essere “benvoluto”, che spesso trascura il fatto di essere amato. Infatti, contrariamente a quel che pensa, la sua famiglia lo adora: sua moglie ha votato a lui la sua esistenza; suo figlio minore Happy lo imita fino al punto da avere i suoi stessi sogni (sbagliati); Biff invece nutre nei suoi confronti uno strano sentimento di odio/amore, ma sicuramente vince l’amore.
E Willy Loman è uno dei personaggi teatrali più tragici del ventesimo secolo. Nella sua mente c’è qualcosa di fratturato. Ci sono diversi momenti in cui si rende conto che la sua famiglia è più importante del denaro. Ad esempio, quando sua moglie gli dice che hanno quasi pagato la casa, afferma: “Lavori tutta la vita per pagare le rate del mutuo, e quando la casa è finalmente tua, non c’è più nessuno che ci vive.”
Willy Loman sogna un futuro che non è in grado di raggiungere; perché vive in un paese che all’apparenza offre illimitate opportunità e lui va alla ricerca disperata del successo. Ma fallisce, e non riesce a perdonarsi.
E fallisce per aver creduto eccessivamente nel sogno americano, che non lo ha ripagato, e questo gli ha fatto perdere autostima.
Adesso vive coltivando un’accecante idolatria per tre uomini di successo:
– suo padre, fabbricante e venditore di flauti;
– suo fratello Ben, andato a cercare fortuna in Alaska, e che adesso è diventato una specie di ossessione per lui;
– Dave Singleman, un vecchio commesso viaggiatore di 84 anni che Loman aveva conosciuto tanti anni prima, quando doveva decidere se cambiare lavoro, o continuare a fare il venditore.
I sogni di Willy sono tutti sbagliati, e lentamente la sua vita va in disfacimento; come la casa in cui abita.
Il fatto di non essere riuscito ad avere la stessa fortuna di questi suoi tre miti, gli fa provare un forte senso di vergogna e di inadeguatezza.
Da qui la necessità di riversare su suo figlio Biff, delle aspettative di successo troppo grandi e irrealizzabili per lui.
Quest’altro fallimento, non riesce proprio a perdonarselo. Anche perché pensa di avere una grossa responsabilità. Infatti, molti anni prima, durante un suo viaggio di lavoro a Boston, è accaduta una cosa, a cui continua a pensare come un’ossessione.
Ora nella sua testa c’è troppo rumore: fughe di pensieri si accavallano e lo portano a confondere il presente, col passato e con il sogno.
Comincia a combattere con la tentazione di fare un gesto estremo che gli faccia riconquistare la stima dei suoi figli e assicurare loro un futuro economicamente più sereno. Allora inforca il volante della sua auto, e si mette alla guida per l’ultimo viaggio. Il più remunerativo. Forse.