Con la sua nuova drammaturgia in scena al Vascello, Milena Costanzo porta in scena la femminilità.
B in Rome parla con l’autrice del suo lavoro, della poetica e di cosa l’abbia spinta a scegliere il teatro.
Tre momenti. Tre donne. Perché loro e cosa le ispirano di così intenso da volersi confrontare con una loro idea scenica
“Filatrici dell’inesprimibile”, così Guido Ceronetti definiva Cristina Campo ed altre scrittrici particolari. Per me queste tre “pensatrici” appartengono a quella categoria. Mi sento affine al loro pensiero, mi hanno dato un modo diverso di vedere le cose e di agire. La scena è il mio mezzo di condivisione alle domande sul senso di esistere.
La pièce apre anche al sacro, cosa hanno di sacro le eroine di questa trilogia?
Tutte e tre hanno una tensione verso il sacro e lo spirituale in modi non convenzionali.
Dickinson e adolescenza, non sembra un dittico un po’ tirato per i capelli? Adolescenza vista solo come opposizione?
Premesso che si può essere adolescenti anche a cinquant’anni, ed io ne sono la prova vivente, in questo caso il termine adolescenza mi interessava come contenitore di negazione, di conflitti e di difesa del limite della propria identità.
La drammaturgia femminile, e femminista, ha sempre più piede nel teatro. Si contano a decine i testi che affrontano il tema donna: una rivincita o un equilibrio?
Non sono interessata propriamente al femminile e tanto meno al femminista. Finita la trilogia, potrei affrontare Shakespeare o Walt Witman o la coppia Joker e Harley Quinn. Se la drammaturgia scritta da donne va aumentando meglio per tutti.