Quando si rischia di parlare senza sapere si finisce sempre male. Così capita per molti, troppi grandi classici, citati e mai letti e così accade anche per molte grandi opere di teatro, sia o meno lirico. “Morte di un commesso viaggiatore” è uno di quei grandi momenti della storia del teatro che ha rischiato di diventare più un’icona che una certezza.
«Creare un luogo comune è genio». Diceva Charles Baudelaire. E Arthur Miller, si sa, c’è riuscito. Ma fino al 20 dicembre è possibile prendere parte allo spettacolo unico dell’eccezione. Al Teatro Argentina, in cartellone fino a domenica 20 dicembre, va in scena “Morte di un commesso viaggiatore”, dell’Elfo Puccini di Milano, per la regia di Elio de Capitani.
Non sempre la bellezza passeggia per Roma, ma quando lo fa, e si ha la fortuna di incontrarla, bisogna avere il coraggio di dire la verità: questo spettacolo è pura bellezza. Ogni singolo attore sembra nato appositamente per questo ruolo. La loro presenza scenica è magistrale, nessuno escluso, persino le comparse sembrano incastrate perfettamente in questo sottile e magistrale tessitura di parole.
Niente è fuori posto. Le luci, i costumi, la scenografia di Carlo Sala, che a tratti diventa onirica, fino a rasentare l’incubo della malattia mentale, la regia, tutto concorre insieme per lo stesso risultato: un lungo, liberatorio, e meritatissimo applauso.
Elio De Capitani interpreta uno strepitoso Willy Loman. Non è solo una interpretazione ma è una celebrazione della decadenza. Lenta, meschina, assolutamente descrivibile. Una performance che ha giustamente strappato gli applausi.
Stella luminosa del palco è stata anche lei Cristina Crippa, Linda Loman. Nelle mimica, nella flessione della voce, tutto di lei è la figurazione del fallimento del New Deal. Niente in lei è luminoso. Perfetta.
Ma la Compagnia è perfetta. Proprio come una orchestra, hanno tutti tenuto la nota. La melodia è stata efficace. La potenza cromatica del suono collettivo ha dipinto nella sala una magnifica tela di entusiasmo e passione che ha, sicuramente, lasciato il segno.