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“Nessun luogo è lontano” di Giampiero Rappa, un fascio di luce su un abisso di sarcasmo e paradosso

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Paura, solitudine e immortalità s’incontrano e s’intrecciano nello spettacolo “Nessun luogo è lontano ”, scritto e diretto da Giampiero Rappa, in scena al Teatro della Cometa dal 23 novembre all’11 dicembre.

Un noto scrittore di romanzi  rifiuta un importante premio letterario per smascherare il gioco sporco  portato avanti dalle case editrici, ma il suo atto di coraggio non verrà compreso. Mettendosi in gioco, rimarrà solo con se stesso, in esilio volontario e forzato in una casa in montagna. Lì Mario, 50 anni, passa le proprie giornate solitarie in silenzio, cercando una pace troppo lontana.

Ad una giovane reporter di guerra verrà dato il compito di intervistarlo. Conoscerà l’amarezza, la rabbia e la resistenza dello scrittore alle sue domande incalzanti e ne rimarrà delusa, ma scriverà comunque  il suo pezzo. Sulla scena  irrompe anche il nipote di Mario, rimasto senza casa dopo aver litigato con la madre. I due, cercando di liberare lo scrittore da quella sua austera, amara maschera di tristezza, s’ imbatteranno nella disillusione delle proprie aspettative e nelle proprie paure. Lo scrittore, costretto ad essere lacerato fuori e dentro di sé dalla solitudine e dalla rabbia, non saprà come reagire a tutte queste attenzioni improvvise nei suoi confronti.

Tema portante dello spettacolo è la scrittura, che accomuna i personaggi in una grande passione, nonostante le differenze di età. Su di essa vengono portati avanti dialoghi complessi e variopinti, legati alle professioni di scrittore e giornalista, ma anche a tutti quei problemi che si presentano nel momento in cui si approcci ad essa  per la prima volta. Contrasti di luce fanno affiorare le personalità dominanti dei personaggi e conferiscono loro un’aura di continua insicurezza, mascherata da sfrontatezza ed orgoglio.

Il cuore del pubblico vibra, si emoziona e si rende vulnerabile di fronte alla profondità matura dello spettacolo, assorbendone tutte le sfumature più tristi e paradossali, ma anche le note divertenti e sarcastiche. Spegnere la luce, da manifestazione di una rabbia inesprimibile, diventerà un gesto di liberazione dal buio lacerante interno ai personaggi.