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Per non dimenticare il Belice esce il libro “Alberto Burri, il Grande Cretto di Gibellina” con testo di Massimo Recalcati

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In occasione dei 50 anni dal terremoto che colpì la Valle del Belice, il nuovo libro Alberto Burri, il Grande Cretto di Gibellina – testo di Massimo Recalcati e fotografie di Aurelio Amendola, edito da Magonza(www.magonzaeditore.it) – ripercorre la vicenda dell’opera di Land Art più grande al mondo.

Sudario di cemento steso sui resti di un paese distrutto, il Grande Cretto di Gibellina si fa toccante testimone ed eterno custode della Storia e delle persone che in quei luoghi hanno vissuto. Adagiato sulle macerie della vecchia Gibellina, il lavoro di Alberto Burri protegge e preserva, con il perpetuo invito al silenzio, la memoria dell’immane tragedia scatenata dal sisma.

La ricostruzione del paese, completamente distrutto nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968, portò alla creazione di una nuova realtà, chiamata Gibellina Nuova, dove l’allora sindaco Ludovico Corrao chiamò a sé, con un atto di responsabilità civile, i più importanti artisti del panorama contemporaneo.

Alberto Burri, unico tra questi, scosso dall’immagine delle rovine, volle la sua opera nella vecchia città lacerata. L’intervento dell’artista, che ricoprì l’intera Gibellina Vecchia con una distesa di cemento che tiene salde le materie e i ricordi, sancisce un legame tra il bisogno di elaborazione del trauma e lo scenario storico in cui esso si materializza, antico e mitico. Corrao ripercorre l’incipit di quel monumentale intervento di arte contemporanea attraverso le stesse parole dell’artista: «“La luce al tramonto taglia ombre dure sui gradini del teatro greco di Segesta”: questa visione, mi confidò Burri, fu la scintilla che fece scattare la sua idea di costruire il Cretto. Ebbe quindi la necessità di stabilire un filo storico tra Segesta e Selinunte e una pagina di storia, che sembrerebbe storia di emarginati ma che attraverso le opere d’arte diventa la storia del riscatto. Il teatro di Segesta da un lato, il residuo glorioso dell’oblio dall’altro. L’oblio del terremoto a Gibellina e il suo teatro nello stesso Cretto di Burri».

Per Massimo Recalcati «l’opera d’arte, come sanno bene tutti i grandi artisti, intrattiene sempre un rapporto con l’assoluto, con l’irraffigurabile, con il reale, con l’impossibile». Accanto al prezioso saggio dello psicanalista, tra i più noti in Italia – membro dell’Associazione lacaniana italiana di psicoanalisi –, completa il volume una ricca selezione di inedite immagini in bianco e nero di Aurelio Amendola, custode dell’archivio fotografico più ricco di Alberto Burri, in una reinterpretazione nuova e per la prima volta esaustiva, dopo il completamento nel 2015, del Grande Cretto di Gibellina.