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Pippo Delbono in scena allo Storchi di Modena con “Amore” tra il fado di Miguel Ramos e la voce di Aline Frazão

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Dopo due periodi di prova in residenza in Portogallo (a Setúbal e a Lisbona), Pippo Delbono debutta in prima assoluta dal 28 al 31 ottobre al Teatro Storchi di Modena con un nuovo lavoro, Amore, realizzato insieme agli attori storici della sua Compagnia, caso unico nel panorama teatrale con tournée in più di cinquanta paesi nel mondo. 

Una coproduzione internazionale per il regista e attore ligure di casa in ERT, che ha intrapreso un percorso teatrale con artisti portoghesi di diverse discipline fra cui Pedro Joia, noto chitarrista e compositore, due volte Premio Carlos Paredes; il cantante di fado Miguel Ramos e la scenografa Joana Villaverde. Con loro anche l’angolana Aline Frazão, scrittrice, musicista e autrice della colonna sonora del film Aria Condizionata (2020) del regista Fradique, all’anagrafe Mário Bastos, una delle voci più talentuose del cinema contemporaneo africano.

 

Insieme ai suoi fedeli compagni di viaggio e aprendosi a nuove influenze e incontri, Delbono porta in scena un’appassionata dedica al Portogallo, terra meticcia per vocazione e crocevia di tradizioni e contaminazioni «dove si sono incontrate culture diverse – racconta lo stesso Delbono – che hanno generato una profonda apertura all’accoglienza. Lì sembra mancare quella minaccia continua che invece serpeggia in altri lidi del mondo: la diffidenza, il razzismo, l’individualismo. E lo leggo in certa poesia, nei versi di Fernando Pessoa, ma anche in quelli di Antonio Tabucchi, che del Portogallo è stato il nostro cantore, il mondo vicino di Federico García Lorca, le parole della nostra Anna Maria Ortese; lo ascolto nelle canzoni, nelle liriche del fado. Voglio avvicinarmi a tutto questo come farebbe un bambino, dandomi la possibilità di sorprendermi, di aprirmi a ciò che gli interpreti che incontreremo avranno da comunicare e condividere di una realtà estremamente dura. Voglio lasciarmi aperto a ciò che spinge per entrare, a ciò che potrebbe catturarmi in una danza che ancora non conosco».

 

Da sempre Pippo Delbono crea spettacoli in cui il confine fra vita e teatro si fa sottile: al centro di questo nuovo allestimento una riflessione sul significato del nostro oggi, dopo l’esperienza della perdita e del distacco che la pandemia ha portato con sé. 

Troppe persone hanno compiuto l’ultimo viaggio in totale solitudine, come accadeva tra le pagine dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni o nella Peste di Albert Camus: milioni di uomini se ne sono andati senza parole d’amore e di conforto, ma, come unico suono, quello del loro stesso respiro che si spegneva. 

Delbono riparte dalla parola amore e, nominandola, invocandola in modo laico, cerca di liberarla dalla confusione che ha regnato su questa odissea globale negli ultimi due anni. «Dopo tutto quello che è successo – commenta Delbono – ripartiamo proprio da qui, da questa incessante ricerca, continuiamo con più Amore; altrimenti si torna a dove eravamo prima e un’esperienza terribile come questa non sarà servita a nulla. Torniamo invece lì dove eravamo, ma con una nuova consapevolezza; torniamo a un periodo in cui quella parola aveva un proprio senso, un momento – e a partire da un luogo – in cui ci si amava e si parlava di amore con la nostalgia del fado, allontanando l’ingombrante presenza della morte».

Amore non porta con sé nulla di retorico, rappresenta piuttosto per Delbono il punto d’arrivo di una ricerca iniziata anni fa, una ricerca instancabile e costante d’amore che ci spinge e ci guida attraverso gli eventi – anche dolorosi – che scandiscono la vita. «Voglio provare a riportare nel teatro qualcosa che comunichi quell’Amore – conclude Delbono – provarci sapendo che come punto di partenza abbiamo scelto una terra come il Portogallo, così profondamente caratterizzata da un immaginario malinconico, struggente, elegiaco. Un luogo fatto di passione e nostalgia, ma anche, oggi soprattutto, di morte. Dopo un lungo periodo di sofferenza, proprio un luogo come questo può rivelarsi ameno, dove anche la nostalgia, la tristezza, nella loro radicata cittadinanza, accolgono l’opportunità di incontrare quella qualità totalmente umana che è l’Amore. La stessa lingua, la sua pronuncia, la sua musica, e così le sue scritture e grafie maneggiano una sottile dolcezza in grado di comunicare una forma di rispetto verso quei sentimenti che altrimenti potremmo leggere e vivere solo come fonte di paura, come qualcosa da, necessariamente, fuggire»