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Sandro Veronesi torna in libreria con “XY” riedito da Nave di Teseo

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Un libro pubblicato nel 2010 ma che sembra
il frutto di una storia immaginata soltanto qualche mese fa. Una vicenda che ha degli agganci molto forti con la pandemia, benché sia stata pensata come un modo per dare conto ”dell’elaborazione di una perdita che mi aveva scosso e mi aveva messo in pericolo”. Perdita che andava accettata senza porsi troppe domande. Un modo, questo, che rappresenta una strategia per non soccombere di fronte al male. Sandro
Veronesi, ultimo premio Strega con ‘Il Colibrì’, torna in libreria da domani con’ XY’, romanzo edito dieci anni fa da Fandango e ora riportato sugli scaffali da La Nave di Teseo. Il romanzo mette in scena un evento che scuota la vita laboriosa di un piccolo paese di montagna, Borgo San Giuda, travolto dall’onda d’urto
di un evento drammatico quanto inspiegabile. Nel villaggio, abitato da poche anime, muoiono undici persone a causa di undici motivi diversi.
Un fatto inspiegabile, afferma Veronesi, che resterà un mistero che dovrà essere solamente accettato. L’analogia con il presente, segnato dall’emergenza sanitaria, è immediata. Ora il mondo è infestato da un
virus di cui si sa ancora poco, che miete vittime e per il quale non c’è ancora una cura certa. Un virus, suggerisce Veronesi, con cui bisogna fare i conti che va accettato per quello che è: un male che la scienza non è ancora in grado di debellare, sebbene la ricerca
progredisca nello studio di un vaccino. ”Avevo tutt’altro in mente quando ho scritto il libro – racconta
all’AdnKronos Sandro Veronesi – mai nella vita avrei immaginato che avremmo vissuto mesi di assedio medievale come quelli che invece concepivo per questo romanzo. Io lì avevo un altro scopo: c’era
l’intento di fare di questo borgo una specie di mondo, una metafora di
tutto il mondo. Solo che il mio punto di partenza era assolutamente
privato: cercavo di universalizzare lo sconforto e lo smarrimento per
la perdita, in rapida successione, dei miei genitori. Un fatto contro
il quale nessuno ha potuto fare nulla. Un evento che andava
semplicemente accettato. Nel mio caso doveva essere una proiezione, in
larga scala, di cosa si prova quando un medico scuote la testa e ti
dice che non c’è più niente da fare”. (segue)

(Crm/Adnkronos)

ISSN 2465 – 1222
11-NOV-20 12:55

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