A poche ore dalla prima di “A porte chiuse”, in scena al Teatro Stanze Segrete dal 28 Novembre al 22 Dicembre, Anna Clemente Silvera si presenta a 360 gradi a B in Rome. L’arte e il politico, la deresponsabilizzazione e l’identità dell’artista. Questi solo alcuni dei temi emersi durante l’intervista.
Sartre è un nome che ancora sembra d’elite. Pur essendo quasi diventato un cliché pochi conoscono effettivamente quali siano i punti cardine dell’esistenzialismo sartriano. Ecco, la scelta di recitare questo testo a cosa è dovuta esattamente?
Ho scelto di recitare questo testo perché trovo che sia una piéce brillante, e al contempo sarcastica, e con dei profondi significati. Un testo che ho amato fin dalla prima lettura.
L’esistenzialismo sartriano non è ben conosciuto in Italia, e questa pièce ne rappresenta uno dei tratti più salienti. L’arte dev’essere impegnata per gli esistenzialisti, ed in particolare per Sartre. I tre personaggi principali sono quello che hanno fatto, e nulla di più. Si giudicano quindi a vicenda, senza che nessuno si possa difendere, poiché sono morti, e non possono dimostrare altro di se stessi attraverso i loro atti se non ciò che hanno già fatto nel corso della loro vita.
Il motivo politico è proprio questo, viviamo in una società dove la gente è poco impegnata e si deresponsabilizza dei suoi atti e del valore che hanno. L’inferno di Sartre è anche un’allegoria della vita. È proprio questo l’insegnamento dell’esistenzialismo sartriano (e non solo) che ho voluto divulgare con “A porte chiuse”. Si tratta a mio avviso della pièce di Sartre che meglio rappresenta questo suo pensiero filosofico, pur essendo tanto divertente quanto accattivante. Gli spettatori potranno apprezzarne il senso filosofico esistenziale o semplicemente divertirsi.
L’inferno sono gli altri. Lapidario, secco. Come si pone di fronte a un’asserzione così tranchant?
L’inferno sono gli altri, è un’asserzione particolarmente interessante. Scopriamo un’inferno che si presenta come un ambiente unico e claustrofobico. Ciò che rende insopportabile la situazione tra i tre personaggi è proprio il fatto che ognuno giudica l’altro, senza che ci si possa difendere.
L’inferno sono gli altri. L’inferno è dentro di noi quando non riusciamo ad uscire dagli altri. Come Inés dice nel testo: “Solo le azioni rivelano quello che si è davvero voluto”.
Il personaggio che porta in scena le calza a pennello o si è trovata a doverlo “giudicare” o comprendere?
Inès è un personaggio che ho più compreso che giudicato. È l’unico personaggio davvero maligno e cattivo non per debolezza ma per pura crudeltà. Amo essere Inès perché mi diverte, ma anche perché è molto giudicabile, e per questo profondamente umana e penso sia la forza della piéce.
In quanto attrice è stato divertente e stimolante interpretare una “cattiva”. Chi non vorrebbe farlo dopotutto ? Poter essere cattivo per un giorno ? Io l’ho fatto grazie a Inès, e senza fare del male a nessuno. La forza del teatro è questa dopotutto, lo sfogo, la tragedia greca è nata proprio per un tale bisogno catartico.
Quali sono i progetti futuri nei quali la vedremo ancora protagonista?
Ho molti progetti in mente. Sicuramente non intendo abbandonare questo tipo di teatro, il teatro francese degli anni 50 e 60, chiamato anche teatro dell’assurdo. Trovo che sia bistrattato in Italia e intendo rivalutarlo e farlo apprezzare. Ad esempio, Giorni Felici di Beckett è una mia priorità. Spero che non mancherete alla rappresentazione di “A Porte Chiuse”, un classico contemporaneo.