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«Sono consapevole da dove vengo, ma l’esito finale della mia vita l’ho scoperto solo gradualmente, scavando dentro me stesso e scrivendo.»

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Ultimo rappresentante di un gruppo sociale ristretto, critico e illuminato, ormai quasi del tutto estinto, Andrea Carandini è uno dei maggiori archeologi contemporanei. Ha scavato per decenni le nostre sepolte civiltà, spinto dal desiderio di toccare con mano e raccontare gli aspetti meno noti di quei mondi perduti. In questa autobiografia, mosso da simile spirito, si fa antropologo e archeologo della sua classe, della sua famiglia e di se stesso. Ma nel suo sguardo rivolto al passato il lettore non troverà traccia di nostalgia. Il suo intento è quello di parlare a chi già si trova sulle rive del nuovo mondo per suggerire qualche orientamento, raccolto tra le rovine, ch’egli ritiene utile per muoversi verso il futuro. Suo padre, Nicolò Carandini, è stato il primo ambasciatore a Londra della neonata Repubblica italiana; sua madre, Elena Albertini, era la figlia del senatore Luigi Albertini, direttore del “Corriere della Sera”, fatto rimuovere da Mussolini per il suo antifascismo. Pur essendosi opposto in gioventù alla borghesia “critica” da cui veniva, l’autore ora riconosce negli esempi del suo ambiente modelli ancora validi per una classe dirigente liberale e democratica. Con un piede nel Novecento e l’altro nel nuovo secolo, risale indietro, fino agli avi più remoti, mettendo mano, con meraviglia ed emozione, a una vasta messe di pubblicazioni, documenti, lettere, diari e immagini. Vagando tra le macerie, ancora quasi intatte, di quello che è stato il suo mondo, incita a conservare il buono ereditato per evitare una nuova epoca di barbarie. Dagli avi agli eredi, Andrea Carandini traccia in queste pagine il bilancio di una vita intera, piena, fortunata ma non priva di inciampi e travagli (ha alle spalle dieci anni di analisi freudiana). Così, alterna capitoli narrativi, dove ci racconta tutte le sue età – il bambino, il giovane, l’uomo maturo e il vecchio –, a capitoli di impronta decisamente saggistica. La memoria, infatti, non si limita a restituire eventi nudi ma li rielabora alla luce di una profonda riflessione che tenta di dipanare verità e significati inaspettati nell’aggrovigliato gomitolo dell’esistenza. L’ultimo della classe è più di una semplice autobiografia: il suo procedere a spirale avvince e sorprende per l’inesauribile capacità di immergersi in cose sparse, che sparse in realtà non sono.