Home life style cinema “The Chosen”, frammenti di amicizia ai confini di una guerra

“The Chosen”, frammenti di amicizia ai confini di una guerra

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Il titolo originale inglese, The Chosen, potrebbe trarre in inganno, essendo l’espressione morfologicamente equivalente tra singolare e plurale.

Gli eletti, al plurale, si riferisce ai fedeli dello chassadimismo, comunità ebraica ortodossa che non accetta la modernità.

I protagonisti di questo film del 1981 di Jeremy Kagan sono due liceali, interpretati da Robby Benson e Barry Miller.

La pellicola si apre con un bel gioco di regia, la scelta dei titoli di testa su uno sfondo blu, mentre la guerra si fa sentire attraverso i discorsi dei leader mondiali che annunciano l’entrata in campo, voci tanto famose da essere riconoscibili solo acusticamente.  Un’inquadratura sul ponte di Brooklyn, situando subito la narrazione, e la frase sibillina “Never underestimate your enemy”, non sottovalutare mai il tuo nemico. La Seconda guerra mondiale sta per finire, le diverse comunità ebraiche cercano di coabitare nel quartiere, ed ecco che comincia l’azione.

Una partita di baseball organizzata dai due gruppi in opposizione ideologica vede il  figlio di un intellettuale sionista, Reuven, ferito da Daniel, figlio del rabbino chassida. Ad introdurre questo gruppo, gli eletti, i chassidi, è un’inquadratura studiata che li mostra dall’altra parte del recinto del campo, aldilà della rete. Due mondi divisi che stanno per scontrarsi nel gioco.

 

Dopo un lungo stacco sul nero, l’unico del film, Reuven si risveglia in una sala d’ospedale: il colpo ricevuto gli ha rotto gli occhiali e le schegge di vetro rischiano di renderlo cieco all’occhio destro. Daniel non attende per scusarsi ma ammette che avrebbe voluto ucciderlo sul campo. Invece lo ha quasi accecato, gli ha colpito la vista.

Gli occhiali diventano immagine simbolica, emblematica del film nel momento in cui Daniel se li prova preparandosi a diventare rabbino. È proprio in questa scena che Reuven, ormai suo migliore amico, gli propone di andare al cinema, dove Daniel non è mai stato, dato che a casa sua le immagini sono proibite: distraggono dalla realtà. E saranno proprio le fotografie del cinegiornale a rivelare ai due la verità riguardo al mondo d’oltremare, i campi di concentramento, l’Olocausto. Tra le immagini in bianco e nero, crude e sconvolgenti, una montagna di occhiali da vista, gli stessi che Daniel si era appena provato, gli occhiali da rabbino. Vedere e non vedere è una questione ideologica, è questo il motivo ricorrente di The Chosen.

Il film segue la storia dell’amicizia fino al grande scontro religioso-dottrinale che divide i due. La fine della guerra porta con sé la questione, tanto dibattuta all’epoca quanto lo è al giorno d’oggi, della nascita dello Stato d’Israele. È forse proprio questa la motivazione che spinge a riproporre questa pellicola dopo quasi quarant’anni dalla sua uscita in sala. La pace celebrata non è altro che illusoria.

Il complesso rapporto padre-figlio che è centrale alla narrazione purtroppo manca di pathos. L’interpretazione del rabbino sfocia quasi in macchietta, lascia interdetti, come accade spesso nei film americani quando si vuole rappresentare una cultura straniera. Al contrario, il rapporto tra Reuven e suo padre è una dolce consolazione, piena di luce e speranza che si contrappone bene all’oscurità e al silenzio dell’altra situazione familiare.

Il finale non è amaro ma assai commovente. Il personaggio di Daniel, interpretato da uno straordinario Robby Benson, ci entra dentro, tanto che davanti al titolo inglese ci sorge la domanda, The Chosen, non si riferisce forse a lui che ha avuto il coraggio di vedere?