Il paradossi sono il sale della vita, ma non sempre. Capita anche per la stabilizzazione degli insegnanti in corso grazie alla legge detta per la buona scuola. Che, per un caso molto particolare, riporta Roma a un episodio di cronaca cruento. Era il 9 maggio del 1997, primavera tranquilla. Alle 11,35 un proiettile raggiunge e ferisce a morte la giovane studentessa Marta Russo, che stava passeggiando per i vialetti dell’Università La Sapienza. Una mano armata ha premuto il grilletto dall’aula 6 degli uffici di Filosofia del diritto, al secondo piano della facoltà di Giurisprudenza. La giovane morì dopo 5 giorni di agonia. Aveva 22 anni. Ancora ci si chiede perché. L’omicidio scosse la Capitale e l’Italia intera. A sparare, secondo sentenza, fu il ricercatore Giovanni Scattone, che si trovava con l’amico e collega Salvatore Ferraro. I due si sono sempre dichiarati innocenti. Due i processi. Il secondo appello si chiuse con la condanna di Scattone per omicidio colposo con 4 anni e sei mesi da scontare. Sentenza confermata dalla Cassazione, che tuttavia non inflisse a Scattone l’interdizione dai pubblici uffici. Per questo può capitare che l’omicida colposo sia assunto come insegnante, avendo superato il concorso del 2012. Insegnerà psicologia all’Istituto professionale Luigi Einaudi, in via Santa Maria delle Fornaci, a due passi dal Vaticano. Nel 2011 aveva suscitato clamore la notizia che Scattone fosse stato chiamato per una supplenza di Storia e Filosofia al liceo scientifico Cavour di Roma, stesso istituto frequentato da Marta Russo. Dopo le polemiche, l’ex assistente aveva rinunciato. Ora si vedrà. Intanto si registrano le perplessità degli insegnanti. E della madre di Marta Russo, Aureliana: “è assurdo”, si limita a dire. Viene da aggiungere: tutto secondo legge, ma è opportuno? O la categoria dell’opportunità è stata espunta dal vivere civile?