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Il doppio ritratto nell’unione simbolica dell’espressività

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La necessità  indispensabile di coniugare la ricerca e la divulgazione si esprime sulla scena artistica romana nel simbolo dell’opera d’arte in mostra, che riunisce in sé la profondità significativa e la capacità comunicativa: il movimento  espressivo condensa in sé la duplicità di interiorizzazione e successiva espressione artistica, artefice, dunque creatrice.

“Labirinti del cuore- Giorgione e le stagioni del sentimento tra Venezia e Roma” si propone come congiunzione del binomio di conoscenza e valorizzazione di quest’ultima attraverso un percorso espositivo che intreccia il doppio sul piano ideal tematico e tecnico realizzativo, duplicando la sede espositiva a  Palazzo Venezia e Castel Sant’Angelo dal 24 giugno al 17 settembre.

La Loggia delle Benedizioni di Palazzo Venezia ha accolto la conferenza stampa di venerdì 23 giugno, dove Il direttore del Polo Museale del Lazio Edith Gabrielli insieme all’architetto de Lucchi e al curatore Enrico Maria del Pozzolo hanno presentato la mostra costruita attorno al capolavoro di Giorgione I due amici, un doppio ritratto che ne sintetizza il nuovo archetipo come idea dello stato d’animo e del sentimento d’amore. L’opera si contraddistingue per un inedito simbolismo psicologico tale da essere considerata una dei capisaldi della svolta ritrattistica italiana del primo Cinquecento,  in un clima culturale segnato dal rinnovato interesse per la poetica del Petrarca e da un incessante interrogarsi sulla natura dell’amore sul piano filosofico e letterario nelle arti pittoriche e musicali. L’occasione della mostra eccede la sola possibilità di portare un focus mai proposto  su un quadro poco noto e i fili storici che intrecciano la figura di Giorgione a Roma, per legare la potenzialità della dimensione ritrattistica a un laboratorio umanistico più vasto:  la rassegna a Palazzo Venezia ricrea una climax ascendente che parte dallo spazio mitico della metropoli lagunare nello scambio continuo con Roma, come nella personificazioni icastiche della Serenissima e della Caput Mundi di Andrea Schiavone (1510-1563) per passare attraverso gli oggetti di Pietro Barbo, nonché papa Paolo II e il cardinale Domenico Grimanti, come cammei, lucerne, cofanetti, per riportare la quotidianità di Palazzo Venezia, dimora romana dei rapporti politici, diplomatici e culturali tra i due stati.

La mostra prosegue a Castel Sant’Angelo, negli Appartamenti papali, dove la sezione espositiva si interseca nei labirinti dell’edificio per metaforizzare il groviglio esistenziale dell’esperienza amorosa attraverso le  dimensioni differenti ricreate nella parola, scritta o cantata e nel simbolo, nel coinvolgimento sinestetico di opere provenienti da importanti musei del mondo, di grandi maestri del Cinquecento tra cui Tiziano, Tintoretto, Ludovico Carracci e Bernardino Licinio: i manoscritti come i Triomphi di Petrarca o le Prose della volgar lingua di Bembo precedono lo spazio dedicato alla musica, in opere come Ritratto di Liutista di Romanino nella coevoluzione del sentimento amoroso, analizzato come abbraccio, seduzione, matrimonio e vedovanza.

La molteplicità armonica dei 45 dipinti, 27 sculture, 36 libri a stampa e manoscritti, oltre a numerosi altri oggetti, stampe e disegni è garantita dalla linea di ricerca del comitato composto da Lina Bolzoni, Miguel Falomir, Silvia Gazzola, Augusto Gentili e Ottavia Nicoli, dall’organizzazione e promozione del Polo Museale del Lazio e la collaborazione di Civita Mostre, con l’intenzione perfettamente riuscita di realizzare una mostra convincente nella qualità scientifica e nella comunicazione al pubblico, nel paradosso di un simbolo come il doppio ritratto, che contrae in sé l’innovazione tecnica, l’indagine psicologica e la storia di un passato da rivivere artisticamente nell’espressione del sentimento amoroso, come simbolo universale della Vita.