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Rendere concreti i pensieri: intervista a Léon Akwadal

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Abbiamo intervistato l’artista francese Léon Akwadal di cui vi avevamo già parlato qui in occasione della sua mostra presso gli spazi della Galleria d’arte contemporanea Art G.A.P..

Ecco cosa ha risposto alle domande di Joele Schiavone:

 

 

Cos’è per Lei l’arte e che ruolo ha per Lei nel panorama contemporaneo?

In generale l’arte ha sempre avuto il ruolo di testimonianza storica di un’epoca. In questo senso non c’è differenza tra arte antica e contemporanea: l’arte è sempre contemporanea nel suo ruolo di testimone e rappresentazione di una determinata epoca. La differenza con altri tipi di manufatti o testimonianze storiche è che l’arte ha il potere di esprimere il pensiero umano in forma universale, l’artista è l’interprete delle domande e delle idee che l’intera popolazione ha in mente.

 

In che modo è entrato in contatto con questo linguaggio? Ci sono degli artisti da cui ha tratto e trae ispirazione?

La verità è che fin da piccolissimo l’unica materia in cui eccellevo a scuola era disegno; finita la scuola mi sono chiesto cosa realmente sapessi fare e cosa avrebbe appagato la mia vita: l’unica risposta è stata la pittura; da questa consapevolezza, ho cominciato a frequentare musei per comprendere e arricchire la mia tecnica attraverso gli occhi, per poi trasferire quanto appreso alle mani… da allora non ho mai smesso. All’inizio sono stato attratto dalle idee della Bauhaus, in particolare Walter Gropius e l’idea di un’arte libera e disponibile per chiunque; successivamente mi sono avvicinato alla pittura di Max Ernst, proprio per lo stesso concetto di libertà espressiva. Guardare alla sola arte occidentale non può bastare: quando Zao-wou-ki arrivò a Parigi apportò un’importante crasi con l’arte orientale, che rovesciava la logica del vuoto e della luce, da cui gli artisti europei trassero lezione. Scoprire Hans Hartung, con il suo equilibrio composto da pochi colori e infinite sfumature, è stata una rivelazione, ma anche il modo di interpolare materiali di Kiefer, cui ho preso spunto per i cambi di texture delle mie opere… in fondo, come diceva Duchamp, tutto è arte: per lui era una provocazione, poi si è rivelata la via più all’avanguardia dei nostri tempi… ogni materia quotidiana può e deve concorrere alla creatività di un artista.

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Qual è la ricerca che la spinge a creare arte?

Non ho temi ricorrenti o serie portate avanti per tutto l’arco della mia carriera, l’unico obiettivo è di rendere estetici e concreti i miei pensieri. L’arte è creatività ed è per questo che lavoro sulle variazioni di superfici e materiali. Se ciò che dipingo incontra il favore del pubblico, meglio, altrimenti è un esercizio egotista, ma necessario per la mia vita.

 

Quando ha compreso che questa sarebbe stata la sua strada e in che modo la sua esperienza di vita è confluita nelle sue opere?

Quando ho capito che non avrei potuto fare nient’altro nella mia vita è stato subito dopo aver finito le scuole. La mia vita è stata ed è tutt’ora in continuo movimento, ho vissuto in molte parti del mondo, Francia, Germania, Italia, ma non solo in Europa. Questo senso di libertà può donarlo solo l’arte, perché si può continuare a dipingere ovunque senza preoccuparsi di avere un luogo fisso dove si è obbligati a lavorare per un certo numero di ore. In qualsiasi posto, mi trovi faccio esperienza di paesaggi e materiali e questo, ovviamente, si riverbera nei miei lavori, che più in generale riflettono questo modo di vivere libero.

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Cosa vede Lei in una tela bianca e nei colori che utilizza?

Quando c’è una tela bianca davanti a me, significa che c’è un dipinto già finito nella mia mente, con i colori e le forme già determinate. Poi è solo questione di preparare il supporto e il formato giusti e selezionare le tonalità corrispondenti alla mia creatività.

 

In che rapporto sono le linee i colori e la materia presenti nei suoi quadri?

Equilibrio estetico, contrasto coloristico e gioco delle proporzioni per rendere il senso della terza dimensione, della profondità, su un supporto che naturalmente non ha spessore. L’invenzione della prospettiva corretta ha reso il realismo: ciò che cerco di fare è restituire il senso di questa realtà immaginata.

 

Osservando i suoi quadri ho notato che spesso possono essere presenti, come assenti, elementi figurativi e di appiglio al reale; in relazione a cosa sceglie la via astratta piuttosto che quella figurativa?

L’astratto è una visione estetica; il figurativo, essendo più immediato, ha un senso più strettamente comunicativo, più diretto. Quando nei miei dipinti compare qualche elemento immediatamente riconoscibile nella realtà, significa che sottendo un messaggio solitamente ironico della realtà stessa. Nei dipinti puramente astratti, invece, è il senso dell’armonia tra forme e colori che viene esplicitato.

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C’è un suo quadro o una sua opera cui è particolarmente legato e perché?

Sono legato a tutti i dipinti che creo, ma una volta che scelgo di esporli non mi faccio più coinvolgere; rimangono un bel ricordo che, se sarò fortunato, continuerà a vivere anche dopo di me. Esponendo al mondo un dipinto, l’artista mostra i suoi pensieri, il senso estetico, ma non può continuare a esserne coinvolto emotivamente, altrimenti o arriva a distruggersi, oppure si crede una divinità ed è peggio perché distruggerà la propria creatività.

 

Ha progetti in mente per il futuro prossimo o nuovi modi di fare arte che vorrebbe esplorare?

I progetti per il futuro sono continuare a viaggiare e continuare a stupirmi dei luoghi e delle esperienze che farò; ho scelto di fare arte analizzando le potenzialità delle varie materie che ho a disposizione, è già un progetto talmente ambizioso che impiegherò tutta la vita per esplorarlo.

 

Cosa consiglierebbe a un ragazzo o a una ragazza che si approccia per la prima volta al mondo dell’arte?

Rimani curioso della vita, studia sempre con umiltà gli autori che ti hanno preceduto, rimani semplice perché ti servirà quando l’arte sarà il tuo mestiere e poi lavora, lavora, lavora…

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