“La chitarra una volta era la componente più altruista della sezione ritmica”. A dircelo è uno dei mostri sacri del jazz: Wynton Marsalis. Ma il 30 maggio all’Elegance Cafè, la chitarra di Eddy Palermo è stata regina di una jam che ha fatto cantare e ballare tutta la sala. Insieme a lui, sul palco, sono saliti, Andrea Romanazzo al contrabasso e Alessandro Marzi alla batteria, con la voce di Pamela D’Amico.
Una jam che ha reso onore alle parole del grande compositore John Lewis, quando esortava tutti i jazzisti a inserire nella sezione ritmica la chitarra.
La chitarra di Palermo ha lavorato su tutti i beat possibili: tutti e quattro i canonici beat e una misura con il basso e batteria. Dominando la scena, senza mai eccedere. Il basso e la batteria della serata, background di una jam magistrale, non sono mai usciti fuori dello schema. Pur con delle transizioni magistrali, il rapporto con Palermo è stato fluido e dinamico. Il fuoco di fila del “call and response” è stato minimale e si è trattato di una serata quasi nostalgia per il gusto caliente e brasiliano che ha di fatto già dato l’idea di cosa ci aspetta all’Elegance Cafè per questa estate.
Oltre ai canonici accenni bossa, lontano da una struttura valzer e marcetta, tipici di una serata swing, si è sentito tutto il 6/8 africano che ha riscaldato l’ambiente.
È stata una bella lezione di democrazia quella di Palermo. Swingare in modo così elegante insegna che la musica può e deve dire molto alla politica. Poi, in un momento così delicato come le elezioni, dove la volgarità è sempre dietro l’angolo, un politica così fragile come questa non può che imparare dalla magistrale accortezza che serve per entrare e uscire dalla condizione di jazzman in swing. Il potere, perché sia efficace, deve essere mantenuto e condiviso. In questa dimensione politica, i forti mangiano i deboli, mentre ieri sera, al contrario, nessuno ha mangiato nessuno ma tutti hanno dato una prova magistrale della loro arte.