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La bacchetta di Lucantoni per il Teatro Eliseo, il maestro che ha incontrato Bernstein lancia l’allarme: non è in Italia che i giovani possono farcela

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Domenica 17 aprile arriva al Teatro Eliseo la bacchetta meravigliosa del Maestro Dario Lucantoni. Una vita spesa per la musica, una passione che ha coltivato fin da bambino e che lo ha portato a incontrare dei veri titani della partitura, come Bernstein.

Adesso, a B in Rome, il Maestro ci racconta chi è e quali sono stati i tratti fondamentali della sua formazione. Ma lancia anche un monito ai musicisti più giovani: non è in questo paese che si potrà trovare un futuro. Ecco perché

 

Maestro Lucantoni, la sua è una vita dedicata alla bacchetta. Qual è il suo primo ricordo musicale?

Ho diversi ricordi , ma da bambino scappavo spesso di casa per andare a suonare un vecchio pianoforte stonato della vicina di casa. Un’attrazione irresistibile . Poi ricordo i primi spettacoli con le opere di Rossini in teatro dove  mia zia mi  accompagnava.

Nel suo percorso formativo Lei ha incontrato personaggi del calibro di Franco Ferrara, Zoltan Pesko e Donato Renzetti; con l’ultimo ha anche collaborato dal 1988 al ’91. Quali segreto ha carpito da questi grandi?

Ho avuto anche la fortuna di seguire Leonard Bernstein quando fece l’unico corso a Roma presso l’Accademia di S. Cecilia e, nonostante la brevità del corso, rimasi davvero folgorato dal suo istinto musicale e dal suo carisma. Cambiai radicalmente l’approccio con lo studio della partitura ed il rapporto con la musica diventò più naturale e diretto. Del grandissimo Ferrara potrei scrivere un libro, visto che sono stato uno degli ultimi fortunati allievi, ma dovendo parlare di “segreti carpiti” mi viene in mente l’onestà morale, l’etica dei suoi insegnamenti non detti e trasmessi attraverso l’esempio musicale. Il rigore interpretativo che vivifica la musica rendendola verità. Col maestro Renzetti il rapporto è proseguito per alcuni anni essendo stato il suo assistente principale anche dopo il ’91.

Lei insegna al Conservatorio Santa Cecilia e non solo. Nel 2015 fonda l’Orchestra Franco Ferrara. Come e perché nasce questa iniziativa?

A parte l’omaggio dovuto al maestro Ferrara docente a S. Cecilia per tanti anni, ho sentito la necessità ed il desiderio di fondare un’orchestra all’interno del Conservatorio formata da ex allievi e professionisti che abbiano avuto a che fare con il nostro istituto.  L’orchestra infatti è la compagine necessaria per le prove dei miei allievi maestri e si è formata nel corso di dieci anni acquisendo repertorio e maturità .

Domenica 17 aprile, al Teatro Eliseo, ci propone due autori dell’est: Borodin e Dvorak. Perché questa scelta, perché proprio loro?

Per cause di forza maggiore il programma del 17 aprile è cambiato. Infatti suoneremo musiche di Mendelssohn: l’ouverture delle Grotte di Fingal, La Bella Melusina e la sinfonia n. 4 ( Italiana ). Mendessohn è un compositore tedesco che amo molto ed i pezzi in programma sono degli autentici capolavori.

Con il Teatro Eliseo e la serie di concerti domenicali si è tentato di portare al grande pubblico la musica, classica e non. I romani hanno reagito bene. Ecco, Lei crede che, in un momento così complicato, la musica debba solo consolare o debba, al contrario, comunicare anche qualcosa?

Fin dai tempi di Platone alla musica viene riconosciuto un ruolo che va al di là della mera consolazione, ma che investe inevitabilmente valori etici ed educativi. Questo vale per tutte le età e per tutti i tipi di musica.

I giovani musicisti. Capita, troppo spesso, di vedere come anche nel mondo dell’arte e della musica che esistano cordate, inimicizie, rancori personali che poi vanno sempre a scapito dei giovani artisti, che finiscono schiacciati da logiche che, forse, nemmeno riescono a capire. Ecco, quale il futuro, secondo Lei, di questi giovani musicisti emergenti e già bravissimi? Se la sentirebbe di dirgli di restare qui in Italia?

Questo dipende molto anche dallo strumento e dal ruolo che si intende scegliere. Il discorso riguarda in generale la Cultura del nostro paese che in questi ultimi tempi è stata trascurata anche per motivi economici. I tagli del fondo destinato alla musica sono purtroppo dati certi ed inconfutabili. Questo crea una ulteriore restrizione degli spazi che potrebbero essere destinati ai giovani talenti che sono così costretti a cercare opportunità al di fuori del nostro paese. Per questi motivi, seppure a malincuore, io ho consigliato di cercare fortuna all’estero a diversi miei allievi. La speranza di vedere un “rinascimento” culturale e musicale nel nostro paese non è però  ancora perduta del tutto.

Nella Sinf. 9 di Dvorak assistiamo a una magnifica operazione di sintesi culturale tra due mondi, quello Europeo, e quello, appunto “Nuovo”. Il compositore inserisce, volontariamente, motivi provenienti da una culturale musicale quotidiana. Ecco, la sintesi, l’incontro, che come in una forma sonata, si elabora, cambia, si evolve, appunto l’incontro come cifra della musica. Ora, in questo momento in cui l’Austria alza le frontiere e una specie di timor panico sembra diffondersi silenzioso in Europa, la Musica che cosa può insegnare a tutti?

La Musica è universale proprio per il suo linguaggio ed è destinata ad unire. Mi viene subito in mente un ricordo: alla caduta del muro di Berlino il grande violoncellista russo Rostropovich si esibì proprio in prossimità del muro ed il suo concerto fu un grande esempio di come la Musica, da sola, possa rappresentare la caduta di tutte le barriere politiche.