Continua il ciclo novecentesco al Teatro Costanzi; dopo John Adams è il turno, dal 6 ottobre di Kurt Weil, con “Ascesa e caduta della città di Mahagonny”, un lavoro già andato in scena nel 2005 su un testo di Bertold Brecht; uno spettacolo che chiude così la stagione 2014-15. Il lavoro di Weill è la seconda tappa di un trittico moderno che terminerà con “The Bassaridis” di Hans Werner Henze.
Direttore delle cinque repliche, in scena fino al 17 ottobre, sarà John Axelrod, direttore principale ospite della Sinfonica di Milano, Giuseppe Verdi. «Ovviamente – spiega il Sovrintendente Fuortes – è un grande piacere e un onore per il teatro avere artisti di questo calibro». E, infatti, sono tutti nomi di gran pregio quelli che hanno lavorato per offrire questo spettacolo al pubblico romano e non solo: dal direttore al regista, Graham Vick. «Questa volta è una produzione fatta all’antica – continua Fuortes -, con il giusto numero di prove. Del resto, i cantanti lavorano dal 25 agosto. È una produzione sulla quale il teatro conta molto e su cui ha investito molto».
Si tratta di un lavoro non molto frequente nei teatri italiani. Mahagonny «È un’opera meravigliosa, ma molto poco frequentata dai teatri lirici italiani». E’ un’opera complessa. Dal punto di vista umano e produttivo. Impegnativo anche lo sforzo del regista che si trova alla sua terza esperienza con l’opera di Weill. Un lavoro che collega profondamente alla contemporaneità: «Il mito di Brecht e Weill sarà sempre universale». Dice Vick. Ma non è solo il duo artistico, quindi umano a interessare; ma anche, e forse di più, il tema centrale: l’opposizione al capitalismo. Un conflitto sociale, generazionale e umano che Vick sottolinea, puntando proprio sul ricambio umano che la Storia impone al mondo e che, troppe volte, sembra essere dimenticato.
Alle voci è richiesto un lavoro straordinariamente impegnativo. Spiega Alessio Vlad. Si passa da «un tenore wagneriano, a delle donne fluttuanti». Il lavoro dei cantanti, ha spiegato Vlad, sia con Axelrod sia con Vick «deve tenere conto della duplicità di impostazione, devono essere ottimi cantanti vocali e straordinari attori scenici»
La bacchetta sarà guidata da John Axelrod, che vede nell’opera di Weill «non solo pop music». Certo, ammette, «ci sono degli standard musicali, ma c’è anche un manifesto socioeconomico; insomma, non è solo musica. La musica è una rappresentazione della ‘musica’ della città». Il direttore ci tiene a precisare quanto sia profondamente mozartiano il lavoro: «Ci sono tanti legami. La musica, il ritmo, e il motiv sono tutti molto simili alla musica barocca e rinascimentale».
Anche Vick, il regista, punta sulle similitudini con Mozart. «L’opera – dice – è uno specchio che dà delle lezioni forti e scomode, tutta il lavoro si basa sulla forza dell’attore che crea il personaggio, precisamente come Mozart con don Giovanni».
C’è posto anche per una stoccata all’Italia, dove Vick ha trovato: «Una società che si abbranca al potere gerontocratico, e questo è un elemento che ho aggiunto di mio pugno all’opera». Non si tratta di un anticapitalismo “naive”. «È il momento della responsabilità, e questo è il messaggio forte: non c’è bisogno di guardare ai preti, a dio o ai politici. Noi dobbiamo vedere chi siamo, e prenderci le nostre responsabilità».